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Meloni

Le mosse di Meloni misconosciute dalla sinistra

Meloni ha finito per distanziarsi di più dai sovranisti polacchi e ungheresi comprendendone il dissenso ma votando diversamente da loro. E quindi allontanandosi ulteriormente dal fronte sovranista nel quale si è certamente mossa in passato. I Graffi di Damato

 

Com’è facile sbagliare la lettura degli eventi internazionali fatta con le lenti necessariamente deformanti della politica interna, e delle sue logiche più tattiche che strategiche. Che rispondono alla necessità o opportunità di segnare una rete, o di vincere una tappa perdendo di vista il risultato finale della partita, o del giro.

Tutti a sinistra, ma anche a destra o al centro fra i concorrenti della premier, hanno puntato l’indice contro Giorgia Meloni per “il flop” – come l’ha definito il solito Fatto Quotidiano – della mediazione con i sovranisti polacchi e ungheresi da lei compiuta su incarico del presidente belga del Consiglio Europeo, Charles Michel, sul tema dei migranti. Ma è un flop dal punto di vista sovranista, appunto, dove non dovrebbero sentirsi di casa gli avversari interni della Meloni.

Sul piano più generale dell’Unione Europea e delle sue prospettive, in attesa delle elezioni dell’anno prossimo per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo, Meloni ha finito per distanziarsi di più dai sovranisti polacchi e ungheresi comprendendone il dissenso ma votando diversamente da loro. E quindi allontanandosi ulteriormente dal fronte sovranista nel quale si è certamente mossa in passato ma che in sostanza non è più il suo.

Più che “il flop”- ripeto- della Meloni è contato a Bruxelles “lo strappo” -com’e stato definito, per esempio, dal Secolo XIX– avvenuto in quello che era lo schieramento appunto sovranista. L’italiana Meloni e il belga Michel, i cui incontri nei mesi scorsi, a Bruxelles e a Roma, ma anche altrove, sono passati quasi inosservati, hanno tessuto la loro tela e portato a casa qualcosa che è destinato a cambiare l’Unione come in tanti si erano abituati a vederla, e non vorrebbero modificare per perpetuare i vecchi equilibri politici.

Non è un caso che proprio Michel abbia commentato la mediazione fallita della Meloni dicendo che non è con essa fallita ma permane la svolta avvenuta considerando il carattere europeo della crisi dei migranti e destinandovi un investimento di 12 miliardi e mezzo di euro. Una nuova Europa insomma va avanti, anche se molti non se ne accorgono, o non vogliono accorgersene. Un’Europa nella quale la destra italiana non è più quella di una volta, anche se la sinistra o il centro, o centrino concorrente di Matteo Renzi, che sul suo Riformista deride il “pacchetto sovranista” delle aspirazioni della premier italiana, vorrebbero che continuasse ad essere la stessa per poterle sparare addosso e ritagliarsi rendite di posizione.

La partita da qui alle elezioni europee dell’anno prossimo sarà lunga, e forse destinata a riservare grandi sorprese, anche se qualcuno si attarda nei vecchi giochi. Come fa oggi anche Il Giornale togliendosi la soddisfazione di godere, diciamo così, dei guai di Emmanuel Macron nella sua Francia messa a ferro e a fuoco sostenendo che gli sta bene, dopo tutto quello che lui personalmente o altri del governo a Parigi hanno detto e fatto contro l’Italia alle prese con i migranti.

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