Fra gli effetti, e anche le cause, come vedremo, dell’agguato mortale negli Stati Uniti a una coppia di ebrei – Varon Lischinsky e Sarah Milgrim – dipendenti per giunta dell’ambasciata israeliana c’è la riproposizione, spuntata fra salotti televisivi, giornali e internet e aule parlamentari, della distinzione fra l’antisionismo e l’antisemitismo. Con la tendenza, la finalità e quant’altro di comprendere il primo, sino a giustificarlo attribuendone per giunta la colpa al capo del governo israeliano che lo starebbe alimentando a Gaza e nel mondo con la conduzione della guerra seguita al podrom del 7 ottobre 2023, e di deplorare senza riserve solo il secondo.
Per antisionismo si intende l’ostilità allo Stato ebraico – deciso, ammesso e quant’altro dalle Nazioni Unite – e per antisemitismo l’ostilità agli ebrei in quanto tali. Che si meriterebbero la morte con tutte le sue premesse e dimensioni, persino di carattere universale come la Shoah.
È orribilmente sofistica e criminale questa rappresentazione dei fatti. Per cui basterebbe peraltro gridare alla libertà della Palestina – come ha fatto l’uomo fermato negli Stati Uniti dopo l’uccisione della coppia diplomatica – per comprendere e persino giustificare ogni nefandezza. Anche il sequestro dei palestinesi effettuato dai terroristi di Hamas installando sotto le loro case, le loro scuole, i loro ospedali, le loro strade arsenali e postazioni della loro guerra allo Stato “sionista” di Israele. E uccidendo chi, fra i palestinesi, trovasse il coraggio di protestare non solo in privato ma anche in pubblico, mettendosi in corteo tra le macerie della loro terra e lasciandosi riprendere da qualche telecamera.
Antisionismo e antisemtismo, dopo la nascita di uno Stato con tutti i bolli delle Nazioni Unite, sono semplicemente e criminalmente le due facce della stessa medaglia. Che è quella dell’odio per gli ebrei.