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Le bizzarrie dell’Italia (sindacale)

L'intervento di Michele Poerio, segretario generale Confedir, e Stefano Biasoli, già presidente Confedir

Che l’Italia sia un paese strano, lo sappiamo da quando siamo andati in prima elementare, tanti anni fa.

Che l’Italia sia un paese nel quale i “problemi minori” diventano “essenziali”, ci era altrettanto noto.

Che l’Italia sia un paese in cui i contratti di lavoro non sono mai rinnovati prima della scadenza fisiologica, questo è un “must” (come dicono gli anglofoni).

Che questa Italia sia il frutto avvelenato della amara stagione del 1968-1969, è reso evidente dalle condizioni in cui è precipitata la scuola, dal funzionamento della magistratura, dalla dissociazione cronica tra il mondo del lavoro e i diplomi/lauree sfornati dalla moltitudine di università, che per decenni hanno dato patenti di laurea a “formatori, sociologi, scienzo-politologi e compagnia cantando”, lauree senza presa sul mercato.

Che invece cercava laureati in ingegneria (di ogni tipo), in biomeccanica, in tecnologie informatiche (hardware e software) nonché migliaia di tecnici, di operai meccanici ed edili.

Migliaia di persone con competenze tecniche, supportate però da buone basi teoriche.

Invece di potenziare gli ITS si è puntato a gettare in pasto all’università migliaia di persone che, qualche decennio fa, sarebbero state invece dirottate su percorsi scolastici più brevi e su materie tecniche idonee alla bisogna.

Questa, una lunga premessa per dire che, anche in Parlamento, sono presenti politici poco preparati e poco idonei a recepire le necessità attuali del Paese. Chi non capisce la necessità di far ripartire (con solidi progetti e finanziamenti) il settore dell’edilizia, non dovrebbe essere parlamentare e, tantomeno, ministro.

Chi pensa che le tangenti siano dappertutto e che perciò non si debbano sistemare le strutture pubbliche invecchiate e obsolete (autostrade, scuole, ospedali, case di riposo, ambulatori…) andrebbe escluso da responsabilità pubbliche, nazionali-regionali-provinciali e locali. Esattamente il contrario della situazione attuale.

Analogamente, invece di creare i posti di lavoro detassandone i costi, si è puntato a regalare soldi assistenziali ai nullafacenti (o a chi lavora in nero) senza obbligare costoro a lavori pubblici organizzati, proporzionali al reddito di cittadinanza stesso.

Ancora, invece di risolvere/ridurre i problemi dell’evasione fiscale e del 50% degli italiani che (a ragione o a torto) non pagano un euro di tasse, si sono minacciate le camere a gas per i 25.000 pensionati Inps, definiti ” ladri ed evasori” non solo dagli estremisti di sinistra ma da tutto il governo giallo-verde (agosto 2019, Ddl D’Uva-Molinari). Non riconoscendo ai pensionati alcun ruolo sociale, si sono taglieggiati 5.300.000 pensionati, castrandone il recupero inflattivo. Come se esso non fosse già sottostimato (rispetto all’inflazione reale), truccato (per colpa di un paniere “cangiante”) e come se loro, i pensionati, non avessero subìto, in dieci anni, una caduta di oltre il 20% della loro capacità economica iniziale.

UNA NUOVA PUNTATA

Dopo i pensionati, ora il governo-gialloverde – peraltro in bilico in queste ore – se la prende con il Cnel. Sopravvissuto al referendum di Renzi (grazie anche ad una serie di fattori concomitanti), oggi il Cnel è attaccato dal Ddl Calderoli, che ne prefigura nuovamente la scomparsa, come “ente inutile”. Il giorno 2 agosto, al Senato, è iniziata la discussione su questo Ddl, scritto da chi (il dentista Calderoli) non ha la minima idea degli effetti catastrofici che seguirebbero alla scomparsa di questo (piccolo ma importante) organo costituzionale.

Infatti l’abrogazione del Cnel determinerebbe l’abrogazione dell’unica norma di legge che riconosce la rappresentatività nel mondo sindacal-sociale, determinando, conseguentemente, la caducazione di un impianto di norme nazionali e regionali, che identificano compiti e prerogative in capo alle Organizzazioni rappresentate dal Cnel e/o presenti presso il Cnel.

Ogni senatore ha ricevuto un’ampia documentazione relativa all’attività del Cnel. La leggerà? Oppure applicherà, anche nel caso del Cnel, la solita storia del rapporto costi/benefici? Certo, abolendo il Cnel si risparmiano, in teoria 8 milioni di euro/anno. In teoria: il personale Cnel andrà infatti riciclato e pagato e Villa Lubin dovrà essere mantenuta, riscaldata e guardata a vista.

In tempi non sospetti, abbiamo proposto che Villa Lubin diventasse la residenza di Mattarella e che il Quirinale diventasse un museo, con conseguente risparmio di 300-400 milioni/anno.

CHI CONVOCA CHI?

Nel recente passato, prima Salvini e poi Conte hanno attivato 2 tavoli “istituzionali” con una serie di confederazioni sindacali (47?) per parlare del futuro imminente del Paese, a partire dalla manovra finanziaria di autunno.

Ci chiediamo chi abbia provveduto a stilare, in entrambi i casi, la lista dei sindacati da convocare.
Infatti non sono stati convocati, né nell’uno né nell’altro caso, alcune confederazioni rappresentative — come testimoniato dal Cnel e dai dati Aran — confederazioni che, peraltro, erano state regolarmente convocate a Palazzo Chigi lo scorso anno.

E, allora, in che Paese viviamo? Si invitano i soliti amici o “nemici ex-potenti” e si lasciano a casa altri soggetti, che si preferisce evitare, perché da un anno critici nei confronti di un governo che massacra i dipendenti pubblici e non apprezza i professionisti del mondo del lavoro privato?

Già… Chi tiene l’elenco dei sindacati da invitare a Palazzo Chigi e al ministero dell’Interno? Qualche politico ex sindacalista?
Noi sappiamo la risposta!

È lo smemorato di Collegno il responsabile del malfatto!

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