La casa editrice Il Mulino ci fa dono della quinta edizione di un classico della politologia del 900: quel “Democrazia e definizioni” scritto da un Giovanni Sartori poco più che trentenne, poi edito per la prima volta nel 1957, diffuso e letto in molte lingue, che ha reso il suo autore uno dei più affermati studiosi della democrazia a livello mondiale, accademico di lungo corso e ancora oggi punto di riferimento imprescindibile per chi voglia approfondire i grandi temi della politica moderna, partendo da un’analisi epistemologicamente rigorosa che spazia da ogni possibile approccio di tipo teoretico e fondativo fino a misurarsi con le accertate declinazioni pratiche storicizzate, non sempre coerenti e conformi ai principi enunciati.
Questo saggio argomentato e completo si arricchisce della preziosa e competente introduzione del Prof. Angelo Panebianco, professore emerito all’Università di Bologna, già docente all’Università San Raffaele ed ora allo IULM di Milano, editorialista del Corriere della Sera: un valore aggiunto per questa quinta riproposizione del libro di Sartori, reso ancor più attuale alla luce dell’evoluzione storica del quadro politico nazionale ed internazionale e del tema specifico della democrazia, comparabile alle dinamiche evolutive (o involutive) del nuovo ordine mondiale che va configurandosi in questo primo quarto di secolo. Insistere sul rigore metodologico assunto da Sartori nell’argomentare intorno alla democrazia restituisce valore semantico e simbolico al termine la cui definizione non può essere riduttivamente risolta risalendo alle origini del suo significato: kratos e demos valgono – è vero – come potere al popolo (o esercitato dal popolo), tuttavia non si può prescindere dalla storicizzazione del significante in significato.
Esplicitamente l’autore non prescinde dalla discrasia tra teoria e pratica: un conto è disquisire sul dover essere, altro tener conto dell’essere, al punto che il problema di definire la democrazia è dicotomico, perché se da un lato la democrazia postula una definizione prescrittiva dall’altro non se ne può ignorare una definizione descrittiva. Parafrasando T.S. Eliot che nel 1939 scriveva: “Quando un termine ha conseguito una santificazione universale come accade oggi alla democrazia, comincio a chiedermi se, volendo significare troppe cose, non significhi più nulla” (T.S. Eliot – The idea of a Christian society – London, Faber, 1939 e New York, Harcourt, 1940 pp. 11-12), in ciò confermato dalla desolata conclusione raggiunta da Maurice Cranston che – alla banale domanda ‘che cosa è la democrazia?’ – rispondeva provvisoriamente che “essa è una dottrina che differisce a seconda della diversa mentalità dei popoli” (M.Cranston, Freedom. A New Analisysis, London, Longmans, 1953, p.113).
Secondo Sartori importante è non soffermarsi sul significato etimologico del termine democrazia, quanto piuttosto accertare qual è la sua “verità effettuale” nel corso della Storia, ciò che Panebianco definisce “sapere applicabile”: non si può dunque prescindere da buone teorie che scaturiscono dalla ricerca ma occorre studiarne i cascami pratici nel vasto contenitore delle scienze empiriche. Nella ineccepibile e argomentata descrizione di Panebianco del percorso epistemologico e metodologico con cui Sartori (partendo dalla filosofia) inquadra il vasto tema della democrazia, pare dirimente la speculare definizione della politica intesa come insieme di luoghi istituzionali dove si prendono decisioni collettivizzate: per Sartori dunque la politica (che è il contesto autoregolativo e applicativo del concetto di democrazia) essa va considerata in termini di verticalità del potere, conflittualità (o eufemisticamente confronto) e decisioni collettivizzate.
Se il concetto di democrazia è relativamente recente ed esplode nel 900, la storia che spiega i fatti – anche quelli della nostra contemporaneità – esprime una molteplicità di contestualizzazioni della sua applicazione pratica tale da rendere veramente prezioso ed ermeneutico il lungo saggio di Sartori, utile anche per cogliere legami e discrasie nei rapporti tra élites dominanti, popoli e persone. In epoca di avvento dirompente delle tecnologie e in previsione di un utilizzo pervasivo dell’I.A. non si può non interrogarsi oggi sui comuni denominatori che distinguono le oneste intenzioni dalla retorica, dalle mistificazioni e dalle manipolazioni.
Il termine democrazia si lega indissolubilmente a quelli di libertà, uguaglianza, rispetto dei diritti e specularità dei doveri: il pericolo che coglie chi legge questo splendido libro è che se ne faccia un uso di mero approfondimento culturale lasciando liberi gli Stati, i Governi, le istituzioni, le persone di percorrere strade diverse secondo contingenti convenienze.
Il rapporto che lega la democrazia all’economia e al diritto e spinge – secondo Sartori – verso il liberalismo, è imprescindibile e va letto in una dimensione globalizzata poiché – i fatti di questo tempo conflittuale che genera mostri di tirannia e violenza come strumenti di esercizio del potere lo dimostrano – la difesa dei valori democratici ereditati dalla Storia e inglobati nel funzionamento delle istituzioni e nei rapporti sociali, passa attraverso una condivisione ubiquitaria delle democrazie del mondo. In questa ottica il lungo saggio di Sartori, splendidamente introdotto da Panebianco, diventa una lettura straordinariamente attuale per una più diffusa alfabetizzazione semantica del concetto di democrazia, delle sue definizioni e delle sue molteplici declinazioni pratiche.





