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Umbria

La vittoria di Bonaccini inebria il Pd (che inizia a sgomitare nel governo). I Graffi di Damato

Prime reazioni nella maggioranza che sostiene il governo Conte dopo la vittoria di Bonaccini in Emilia-Romagna con un Pd baldanzoso rispetto a un mogio e amletico M5S. I Graffi di Damato

A smentire o contraddire la sicurezza ostentata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte godendosi “la grande sconfitta” dell’ex alleato e ora rivale assoluto Matteo Salvini nelle elezioni in Emilia-Romagna ha provveduto il vice segretario del Pd Andrea Orlando. Il quale – più esplicitamente del segretario Nicola Zingaretti, secondo cui “non cambiano gli equilibri” ma occorre “una nuova fase” nell’azione dell’esecutivo – ha detto che il risultato elettorale nella regione più rossa d’Italia, analogo a quello di colore pur opposto della Calabria nella parte riguardante il crollo dei grillini, “modifica l’asse politico del governo su molte questioni”. Fra cui primeggiano nelle competenze dell’ex guardasigilli Orlando quelle naturalmente della giustizia, a cominciare dalla durata dei processi da definire con rigore ora che la prescrizione scompare con la sentenza di primo grado.

All’uscita del vice di Nicola Zingaretti il reggente del Movimento 5 Stelle Vito Crimi ha reagito seccamente sostenendo che “i rapporti di forza” fra le componenti del governo “non cambiano”, non essendosi votato per il rinnovo del Parlamento, dove pertanto i grillini continuano a disporre della maggioranza relativa. Sarebbe pertanto irrilevante anche la spaccatura ormai del Movimento in tre parti, come ha appena raccontato all’insospettabile Fatto Quotidiano un personaggio non certo di secondo piano come Massimo Bugani, Max per gli amici, eletto senatore nelle liste pentastellate.

Più loquace di Crimi è stato per i grillini il sottosegretario dell’ex capo del movimento Luigi Di Maio al ministero degli Esteri Manlio Di Stefano. Che ha definito quelle di Andrea Orlando “bislacche fughe in avanti”, inaccettabili pur considerando “la giusta esultanza” del Pd per la scampata sconfitta in una regione così profondamente legata alla storia della sinistra come l’Emilia-Romagna.

Oltre che ad Orlando e al Pd, o ancor più che all’uno e all’altro, i messaggi di Crimi e Di Stefano sono ovviamente rivolti a Conte in persona perché non dimentichi di essere a Palazzo Chigi su designazione e per volontà dei grillini. Che si aspettano da lui non dico riconoscenza, perché questo è un sentimento non molto organico alla politica, ma il rispetto degli impegni evidentemente presi nel momento della risoluzione della crisi di governo provocata nella scorsa estate da Salvini. Allora il Movimento 5 Stelle alleandosi col Pd ne rifiutò la richiesta di “discontinuità” a Palazzo Chigi e impose la conferma del premier uscente a tutela della posizione del partito ancòra di maggioranza.

Dietro la disputa aperta dal vice di Zingaretti sulla conferma o modifica dell’”asse politico” s’intravvede l’arrivo al pettine di un nodo indicato di recente dall’amico e maestro di Conte, l’avvocato Guido Alpa, sulla scelta che prima o poi aspetta il suo allievo: fra il Pd e il movimento che lo ha portato politicamente così in alto.

Alla realtà delle cose, come all’invito rivolto dal capo dello Stato Sergio Mattarella tramite il quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda a “non galleggiare”, non si riesce a scampare a lungo limitandosi a cavalcare l’antisalvinismo.

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