Non è vero che la televisione sia meno influente che in passato. Al contrario, negli ultimi anni, ha sempre più il potere perverso di stimolare dibattiti sui media e sui social. Qualunque cosa vada in onda se ne parla per giorni. Non sfuggirà probabilmente a questa sorte la fiction sul “Gattopardo” in arrivo tra due settimane. Qualcuno forse rimpiangerà Burt Lancaster o Claudia Cardinale, protagonisti del film diretto da Luchino Visconti. Ma, alla fine, tante chiacchiere non toglieranno il piacere di sei serate davanti al teleschermo. E guardando la tv può venire la curiosità di conoscere la vera storia del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e del film di Visconti. La raccontano in maniera avvincente Alberto Anile e Maria Gabriella Giannice con “Operazione Gattopardo. Come Visconti trasformò un romanzo di “destra” in un successo di “sinistra”” (Feltrinelli, 360 pagine, 14 euro).
Tutto ha inizio con Tomasi di Lampedusa che scrive quasi per diletto vicende della sua famiglia. Ne legge qualche capitolo ad amici e parenti che l’apprezzano. Soltanto dopo viene l’idea di pubblicare il romanzo. Ma un big dell’editoria come Mondadori dice subito di non essere interessato. E un analogo rifiuto arriva anche da un editore illuminato come Einaudi. Elio Vittorini proverà anni dopo a spiegarla dicendo che il romanzo non era adatto alla collana dei Gettoni da lui diretta. Nel frattempo “Il Gattopardo” è diventato un successo editoriale. A comprenderne il valore è Giorgio Bassani della Feltrinelli che ci crede e lavora per migliorarne la stesura originaria. Tomasi di Lampedusa muore l’anno prima della pubblicazione e non vede la vittoria del prestigioso Premio Strega né il boom di copie vendute né le polemiche sul suo romanzo. Per molti critici (fra cui Alberto Moravia) “Il Gattopardo” è un libro “di destra”. Don Fabrizio, vero protagonista della storia, è un principe borbonico. La sua accettazione del cambiamento viene considerata un inno al trasformismo. Questi giudizi vengono smentiti dalla stessa sinistra ma non da quella italiana. E’ Luis Aragon, la più autorevole personalità dell’intellighenzia comunista francese, a definire “Il Gattopardo” “uno dei grandi romanzi di questo secolo e forse il solo romanzo italiano”. Uno alla volta i denigratori italiani iniziano a fare marcia indietro. E finalmente si arriva alla realizzazione del film e Alberto Anile e Maria Gabriella Giannice ne fanno un racconto ricco di aneddoti, di curiosità e di veri e propri colpi di scena. La regia viene affidata a Visconti solo come terza scelta dopo aver ingaggiato e licenziato altri due celebri autori. Costi e tempi di lavorazione si rivelano presto più alti del previsto.
Tra le tante complicazioni c’è pure quella che Claudia Cardinale, impegnata contemporaneamente sul set di un altro film, deve continuamente tingersi i capelli da biondi a castani e viceversa. E resta sempre l’esigenza che al “Gattopardo” non vengano affibbiate etichette politiche fuori luogo. Visconti è una doppia garanzia perché è un grande regista ed è più che vicino al Pci. Ma per prudenza si tagliano parti della sceneggiatura e qualche sforbiciata viene data alla pellicola praticamente già montata. A mettere fine a tale stress è addirittura Palmiro Togliatti che, con poche ma sagge parole, dice che nel film non c’è nulla da cambiare.