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Famiglia

La tecnologia si è sostituita alla famiglia?

Il paradosso odierno consiste nell’accertare una incomunicabilità di fondo proprio nella società definita “della comunicazione”, già a partire dal contesto familiare. L'articolo di Francesco Provinciali

 

Riusciamo ancora a relazionarci in modo autentico, a intenderci e farci capire?

Nelle nostre comunicazioni le immagini prevalgono sul dialogo, l’immediatezza sulla riflessione: il messaggio mediatico non è il prolungamento della parola nel mondo ma la sua negazione.

Il paradosso odierno consiste nell’accertare una incomunicabilità di fondo proprio nella società definita “della comunicazione”, già a partire dal contesto familiare.

Tra le tante responsabilità ci sono anche quelle che riguardano i nostri comportamenti quotidiani.

Riflettiamo insieme su tutto quello che la società sta lentamente perdendo: senso etico, valori (sostituiti dalle opinioni); tradizioni, gerarchie, il valore fondativo della famiglia, quello pedagogico dell’esempio, il metodo della “mitezza”, il senso del “limite”, della “dignità” e della “vergogna”, il concetto di “normalità” (tutto è esasperato, prevale l’effetto straordinario: bisogna “stupire”).

Possiamo affermare che tutti i fenomeni di disagio hanno una matrice individuale ma anche una matrice sociale, a cominciare da quelli che si realizzano nel contesto della famiglia.

Basta leggere i titoli dei quotidiani ma anche la TV ha le sue responsabilità.

Ci sono programmi di pessimo gusto che incitano alla violenza fin dalla prima infanzia, che sollecitano la ricerca del successo ad ogni costo, che propongono fiction e reality infarcite di modelli comportamentali ed etici assolutamente effimeri e negativi.

Si può ben dire che sovente la TV informa sulla cronaca ma disinforma sulla vita.

Prevalgono le logiche di marketing e delle classifiche di audience, anche gli stessi telegiornali non si esimono dal proporre insulsi sondaggi di opinione su fatti che richiederebbero più cautela e maggiore riserbo.

La mancanza di “filtri” e di controlli di merito genera un uso indiscriminato delle nuove tecnologie da parte dei ragazzi: la facilità di accesso, il non rispetto nei palinsesti televisivi delle fasce protette con una sistematica violazione del codice di autoregolamentazione sui minori, l’uso intrusivo dei sofisticati videotelefonini (che ha introdotto un vero e proprio derivato tecnologico del bullismo e cioè il “cyberbulling”, che consiste nella violenza agìta con forme elettroniche) hanno generato nuovi modelli di comportamento sociale e nuovi problemi di gestione anche sul piano delle tutele (privacy, violazioni, libertà personali, revenge porn).

Le nuove tecnologie finiscono per diventare nelle mani incaute dei ragazzi uno strumento di deregolamentazione, un vero e proprio competitor in termini educativi rispetto agli insegnamenti che dovrebbero essere promossi dalla famiglia e dalla scuola, che vengono così delegittimate.

Ma possiamo chiamare famiglia quel contesto relazionale dove ci si scambia poche battute di rito, dove a tavola ciascuno smanetta il proprio cellulare, dove ci si ritrova per mangiare e dormire ma con il pensiero rivolto altrove?

La famiglia è spesso invocata come baluardo estremo per la difesa dei valori che reggono la convivenza civile ma sovente si ha l’impressione che sia combattuta ed osteggiata anziché aiutata.

A cominciare dallo stesso “metter su casa” che indebita le giovani coppie in mutui dai costi molto spesso insostenibili generando ombre di preoccupazione sulla serenità del contesto familiare e sulla convivenza quotidiana.

Eppure la famiglia dovrebbe essere il luogo della gratuità e della sincerità delle relazioni affettive. Il punto di partenza e di ritorno di una relazione basata sulla comunicazione e sulla prevalenza dei sentimenti.

Esattamente quello che invece sta venendo a mancare negli orizzonti di vita della nostra intima quotidianità.

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