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pensioni

La scelta infelice di Landini

A proposito dello sciopero proclamato dalla Cgil guidata da Landini per venerdì 12 dicembre. I Graffi di Damato

Fu di venerdì anche il 12 dicembre 1969, quando la Repubblica “perse l’innocenza”, come si scrisse alludendo alle manine e manone dei servizi segreti negli attentati terroristici, inizialmente targati di destra, per piegare con la famosa “strategia della tensione” la democrazia italiana sull’onda della contestazione dell’anno prima. Cinquantasei anni fa persero la vita 17 persone e rimasero feriti in 88 con la bomba esplosa nel pomeriggio nella sede milanese della Banca nazionale dell’agricoltura, in Piazza Fontana, a due passi dal Duomo. Dove si svolsero poi i funerali delle vittime col presidente del Consiglio Mariano Rumor terreo in volto. Alla cui vita poi si sarebbe anche attentato.

Da allora nulla tornò come prima nella storia della Repubblica. Tutto continuò a peggiorare, tra attentati e sommovimenti politici. Fu necessario, per uscirne, o per cominciare ad uscirne, un passaggio anche istituzionalmente straordinario, col ricorso ad una maggioranza di cosiddetta “solidarietà nazionale” che sospese la distinzione e la concorrenza, normali in una democrazia, fra maggioranza e opposizione. Un passaggio tuttavia che non bastò, ma forse provocò, o accelerò il sequestro del presidente e regolo della Democrazia Cristiana Aldo Moro, lo sterminio della scorta e dopo ben 55 giorni di prigionia, penosa e al tempo stesso di ancora peggiore sfida allo Stato, l’eliminazione anche dell’ostaggio. Che avvenne in una rincorsa anch’essa drammatica fra i terroristi divisi sulla esecuzione della loro infame sentenza di morte e i tentativi dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, che avrebbe poi pagato il suo proposito con le dimissioni impostegli dal suo stesso partito e dal Pci, di scongiurare il tragico epilogo della vicenda graziando una dei tredici detenuti con i quali i brigatisti rossi avevano preteso di scambiare il loro prigioniero.

Mi direte che è esagerato, più ancora dell’ironia opposta dalla premier Giorgia Meloni agli scioperi indetti a ridosso dei week end per allungarli, il mio ricordo degli anni della strategia della tensione per rapportarli alla stagione sindacale che sta cavalcando il segretario generale della Cgil Maurizio Landini. Che ha appena proclamato per venerdì 12 dicembre prossimo lo sciopero generale contro i conti e, più in generale, la politica del governo di centrodestra da lui odiatissimo. Osteggiato, fra annunci e propositi di sommovimenti sociali, con una durezza, una perseveranza, dopo la parentesi dei sorrisi scambiatisi con la premier ad un congresso della Cgil, che ne fanno, a caso o apposta, il capo del cosiddetto campo largo dell’alternativa. Dove la segretaria del Pd Elly Schlein e l’ex presidente del Consiglio, ora presidente solo di ciò che resta del movimento 5 stelle, Giuseppe Conte si contendono nello scenario mediatico la leadership. Poveri illusi.

Credo che nel nostro Paese ne abbiamo viste e vissute abbastanza per non temere di esagerare. E per non abbassare mai la guardia.

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