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G7 Clima

La nuova Nato americana: Biden tenta la carta del divide et impera. L’analisi di Fabbri (Limes)

Parole e mosse di Biden su Nato, Russia e Cina commentate da Dario Fabbri, analista di Limes

 

Gli Stati Uniti sono intenzionati a recuperare il terreno perso nei confronti della Cina. Il tour in Europa del presidente Usa Joe Biden ha posto le basi per i progetti a lungo termine degli Usa nei confronti dei loro storici nemici: la Russia e la Cina. Quest’ultima, in un documento prodotto a conclusione dell’ultimo G7, viene esortata a rispettare i diritti umani della minoranza etnica degli uiguri e l’autonomia di Hong Kong e Taiwan. Due battaglie ideali che servono a giustificare un rinnovato attivismo nella zona indopacifica. 

Stati Uniti: divide et impera 

Gli Usa hanno l’obiettivo, dichiarato, di dividere la Nato in due tronconi. Da un lato ci sono i paesi dell’Europa centrale, quelli dell’ex patto di Varsavia concentrati nel contenimento della Russia per le vie terrestri. “Dal momento che i Paesi dell’Europa occidentale non considerano la Russia un nemico concreto l’idea statunitense è convogliare l’impegno di questi paesi in ottica anti cinese, convincerli che il nemico principale è la Cina – ha detto Dario Fabbri, analista di Limes, nel corso della trasmissione online “Mappa Mundi” -. Italia, Francia e Regno Unito hanno le migliori marine d’Europa e, nel progetto statunitense, dovrebbero spostarle nell’indopacifico, verso la Cina per contenerla”. 

La risposta della Cina in quattro mosse

La Cina, secondo l’analista di Limes Giorgio Cuscito intervenuto a Mappa Mundi, ha risposto alla controffensiva statunitense con quattro mosse, due di politica interna e due di politica estera. Prima di tutto una campagna mediatica per dimostrare che l’occidente è in declino e che le vie della Seta, invece, stanno procedendo in maniera florida. In secondo luogo per respingere le accuse a Pechino in merito ai diritti umani violati nello Xinjian e a Hong Kong. “Il Governo cinese ha pensato bene di dimostrare che non cambierà traiettoria rispetto a questi due dossier. Resta l’obiettivo inglobare Hong Kong all’interno dei gangli della Repubblica popolare cinese, ed è per questo che ha fatto una nuova incursione nella redazione dell’Apple Daily, giornale locale pro democrazia, particolarmente critico nei confronti del governo cinese. Costretto poi a chiudere perché il governo cinese ne ha congelato i conti”, dice il ricercatore. 

La Cina rinsalda il patto con Mosca 

Pechino ha dispiegato la sua risposta all’offensiva statunitense anche con azioni di politica estera. “Ha inviato nello spazio aereo di Taiwan di 28 caccia, cifra record dallo scorso anno proprio a dimostrare che Pechino non vuole alterare la propria tattica nei confronti dell’isola di Formosa, nel lungo periodo vogliono conquistarla. I paesi occidentali non devono interferire perché Pechino la considera una questione interna – sottolinea l’analista di Limes Giorgio Cuscito.  Pechino ha guardato con estrema attenzione l’incontro tra Biden e Putin. “Nei giorni successivi al tour di Biden Pechino e Mosca hanno annunciato il piano di azione per la costruzione della stazione lunare che Cina e Russia dovrebbero costruire insieme, operativa nel 2036 – aggiunge Fabbri – . Ma soprattuto hanno annunciato un incontro virtuale tra i due rispettivi leader per segnalare che la relazione tra questi due paesi è forte e generata dall’avversione degli USA nei confronti di Pechino e di Mosca”.

La controffensiva alla via della seta 

Un altro elemento emerso in sede di G7 è la volontà americana di realizzare una sorta di contro-progetto alla nuova “via della seta” cinese. A questa “dovrebbero aderire tutti i paesi occidentali o soci dei paesi occidentali, quindi potenze asiatiche anti cinesi come il Giappone”, continua Fabbri. La controffensiva economica statunitense dovrebbe servire a finanziare infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo affinché questi “non siano bisognosi e non debbano cadere nella trappola cinese”. Al momento il progetto è fumoso, non si sa chi dovrà metterci i centinaia di milioni di dollari previsti. I Paesi in via di sviluppo individuati vanno dai Caraibi, all’Africa, all’indopacifico. “L’unica parte rilevante in questa vicenda sono i paesi dell’Indopacifico – continua Fabbri – . Ai paesi del’indopacifico viene detto non è necessario dipendere economicamente dalla Cina e cercare la protezione militare Americana. Viene detto loro che si possono smarcare dalla dipendenza economica della Cina”. 

Le reazioni dell’Europa: le esigenze commerciali della Germania

La volontà americana di dividere la Nato sta provocando reazioni complesse nel nostro continente. “La Germania ha ribadito la necessità avere buoni rapporti con la Cina al fine di tutelare li rapporti commerciali – continua Fabbri -. I paesi europei sono post storici, sono economicistici, credono che la storia sia finita. Le grandi questioni tra potenze, che regolano la vita tra tutti noi più di qualsiasi altra cosa, vengono pensate come minori. Dunque conta più fare affari. È qui che si gioca la partita americana”. Francia e Germania, dopo l’incontro tra Biden e Putin, hanno proposto di dar vita a un summit tra tutti i paesi dell’UE e Putin. I paesi dell’Europa centrale sono insorti, perché hanno come strategia il contenimento della Russia, e hanno fatto saltare quest’idea. Nel giorno in cui Parigi e Berlino proponevano questo progetto “gli inglesi hanno mandato un loro caccia torpediniere contro la Crimea, in Russia”. Come per ribadire che il Regno Unito è un alleato affidabile per gli USA. 

All’Italia chiesto di rinnegare la via della Seta 

Il progetto americano sta avendo notevoli conseguenze anche in Italia perché il Governo italiano è diviso sulla vicinanza alla Cina. “Da un lato c’è il presidente del consiglio che è fortemente atlantista, di più è lì per garantire agli americani la nostra buonafede mentre prendiamo soldi garantiti dai tedeschi – continua ancora l’analista di Limes -. Dall’altro c’è una parte del governo, quella legata ai 5 stelle, che per ragioni personalistiche continua ad avere un rapporto di intimità con Pechino. Nel giorno in cui si preparava l’annuncio delle contro vie della seta, il garante del M5S Beppe Grillo, si immaginava in visita all’ambasciatore cinese a Roma”. Dalla fine del secondo Governo Conte in poi l’Italia ha perso una serie di misure per tenere la Cina a distanza di sicurezza, soprattuto nel settore delle telecomunicazioni e nei semiconduttori che è cruciale nel duello tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese. Perché contenimento della Cina, in concreto, significa schermatura sul piano commerciale, niente memorandum, niente 5g. Gli USA hanno chiesto un ingaggio importante all’Italia. “Draghi ha annunciato che l’Italia ha intenzione di rivedere il memorandum siglato con la Cina nel 2019 – rileva Fabbri -. Blinken ha detto a Di Maio che non basta rivederlo ma va rinnegato, questo è stato al centro del bilaterale tra Italia e USA”. 

Il dossier Libia 

L’Italia però ha anche un altro dossier aperto, oltre a quello cinese, per il quale vorrebbe l’intervento statunitense. È la Libia, pass nel quale sta per portare soldati in sostegno della Francia. “L’Italia prova a ripresentare una propria sfera di influenza in Sahel, in combutta con i francesi, per combattere il terrorismo e per controllare i flussi migratori – spiega Fabbri – L’Italia vorrebbe coinvolgere gli USA perché in Libia si sono inseriti anche Turchia e Russia. Sul tema libico gli americani non sono coinvolti”. 

La carta dei diritti umani 

“Dal punto di vista americano questa è una carta ricorrente quando ci si rivolge agli europei perché fa presa – dice Dario Fabbri parlando dell’uso propagandistico dei diritti umani -. Nulla di tutto questo deciderà la sfida tra USA e Cina e nulla di tutto questo determinerà l’equilibrio nell’indopacifico. Per il momento i risultati sono scenografici da parte americana”. L’Europa dovrebbe capire quale potenza è più utile “sotto quale potenza ci è più utile stare – conclude Fabbri -. L’approccio al mondo americano lo conosciamo, è occidentale e rispetta alcune regole di diritto. La Cina non è occidentale, la conosciamo molto meno, ha una mentalità legata al rispetto dei diritti altrui molto deficitaria. Ma questi argomenti sembrano passare in secondo piano in nome del profitto economico e commerciale”. 

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