Anche quando non parla, ma accade di rado, è facile riconoscere un italiano in mezzo agli altri in giro per il mondo: di solito è il più elegante.
Elegante per il gusto nel vestire. Elegante per la curiosità che emana alla ricerca del bello da scoprire (paesaggio, luogo o storia del posto che siano). Elegante per come si pone nei confronti degli altri. Che sia un turista o un imprenditore, un soldato, un prete o un volontario laico, per sana abitudine, che è tradizione, quell’italiano sarà portato a interessarsi dell’interlocutore. Spesso raccontandogli la sua stessa vita, come se già fosse uno di famiglia.
Giorgio Armani è la sintesi, sobria ed esemplare, di questa eleganza italiana che si associa al bello, all’essere aperti di testa e generosi di cuore, e che ci rende così riconoscibili e amati nel mondo.
Un mondo che in ogni lingua ora piange insieme con noi la scomparsa del grande stilista, sentendolo come proprio, perché l’italianità quando sa essere universale, questo suscita: la riconoscenza, non solo la riconoscibilità oltre ogni frontiera.
Armani non è quello che vorremmo essere, cioè un sogno irrealizzabile. Armani è quello che siamo, ma che stentiamo o temiamo di riconoscere a noi stessi, perché accecati da secolari e a volte perfino divertenti -anche quando ci fanno male-, rivalità.
Armani invece testimonia quanto l’impegno, il rispetto e il genio italiano -espressione che sembra inventata apposta per lui-, possano oltrepassare ogni atavica faziosità che ci portiamo dentro e da cui non riusciamo e talvolta non vogliamo liberarci.
D’altronde, Armani, nome tanto universale che non ha bisogno di spiegazioni né di traduzioni per precisare di chi e di che stiamo parlando, non è la solitudine di un numero primo.
In ogni campo -basta cercarli- c’è un Armani che il mondo applaude e associa all’Italia.
L’ultimo in ordine di tempo e con molte somiglianze con il modo di vivere italiano e internazionale del grande stilista (stessa riservatezza e probità, stessa famiglia umile e nessun grillo per la testa), si chiama Jannik Sinner.
Ma se dallo sport ci trasferissimo al campo -pur minato e molto più ristretto- della politica, vedremmo un’analoga stima internazionale nell’ambito istituzionale per Sergio Mattarella. E se il campo lo stringessimo ancor più a quello solamente economico, constateremmo l’alta considerazione di cui gode Mario Draghi, il “whatever it takes” -battagliero concetto che l’ha reso ancor più celebre- nel suo ambiente.
Sì, c’è uno stile italiano che il mondo ammira più di noi italiani, troppo impegnati a criticarci e a dir male, piuttosto che bene del Paese più bello del mondo. Non per caso con il più alto numero di siti tutelati dall’Unesco. Ancora una volta sono gli altri a conoscere e riconoscere l’Italia più di noi stessi.
Giorgio Armani, che dell’eleganza ha fatto ragione di vita, dimostra che c’è un modo -il suo- per conquistare l’amore del mondo e seppellire le faziosità casalinghe del “facciamoci del male”.
Facciamoci del bene, invece, come Armani ci ha fatto vedere con libertà e dignità.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova