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La leggenda del venditore sull’Oceano

Ecco una storia quasi alla fine del mondo: Punta del Este, Uruguay. Il taccuino di Guiglia

Lo precede l’eco della sua voce, da tenore della spiaggia che improvvisa il suo acuto in spagnolo: “Café-café, amargo, dulce, semi-dulce café”, amaro, dolce, ogni genere di caffè s’ode da lontano.

Il vento trasporta il canto che annuncia l’arrivo di Daniel Puñales. E’ un uomo di 64 anni con la sua uniforme sempre uguale, forse per essere riconosciuto anche quando non solfeggia, camminando scalzo sulla sabbia. Una camicia bianchissima e impeccabile, bermuda blu e cappello mimetico, quasi da soldato della Playa Brava. E’ la spiaggia più elegante e simbolica di Punta del Este, come la Capri, la Costiera Amalfitana, la Taormina -fate voi- dell’Uruguay. Un incanto incastonato tra l’Atlantico e il Río de la Plata, il fiume più largo del pianeta. Un paradiso tumultuoso, risvegliato dalle onde temerarie di un mare “quasi alla fine del mondo”, per evocare la celebre autopresentazione del Papa venuto dal Sud America.

A tracolla, Daniel porta le armi della sua vita: una cesta di vimini suddivisa in sei scomparti con i thermos del caffè “amargo, dulce y semi-dulce” e i bicchieri di carta dove versarlo, per poterlo offrire in pochi secondi ai bagnanti che lo richiedano.

Daniel è il più longevo venditore di Punta del Este. Quando aveva appena 10 anni iniziò la sua opera sul palcoscenico tra cielo, acqua e un sole traditore, perché camuffato dal vento dell’estate sudamericana, che corrisponde all’inverno europeo.

“Il 4 gennaio 1971”, ricorda lui stesso l’indimenticabile esordio.

“Allora vendevo gelati, panini, hot dog (“panchos”, in spagnolo), di tutto, fuorché abbigliamento. Poi mi sono dedicato al caffè”.

Per raggiungere il primato dei 54 anni avanti e indietro sulla spiaggia, Daniel continua a macinare anche il record del maratoneta. A fine giornata ha percorso fra i 30 e i 35 km a piedi per racimolare il gruzzolo della stagione (fine-dicembre/metà marzo) da aggiungere alla pensione di circa 550 euro al mese, frutto dell’impiego alla posta che ha sempre coordinato negli orari con questa attività in realtà da lui considerata e vissuta come la principale. Perché è quella che lo ha reso libero e felice.

“Sei a contatto con gente, parli con loro di calcio e di politica, sei all’aria aperta, nessuno ti comanda, decidi tu se quel giorno vuoi lavorare o no. E poi io mi impegno per me: il margine è tutto mio. Che cosa si può chiedere di più?”, dice con filosofia semplice, ma profonda.

Lo sguardo di Daniel aiuta a capire com’è cambiato il mondo.

“Un tempo la gente restava in spiaggia dalla mattina alla sera, non esisteva l’intervallo per pranzare. Si usavano solo abbronzanti, non protettori solari”, distingue. “Le famiglie poi badavano ai loro figli piccoli. Era raro, come invece succede adesso, che bambini si perdessero in spiaggia per la disattenzione dei genitori. E sulla spiaggia non si beveva il mate” (infuso tipico sudamericano). Daniel ricorda alcuni mestieri scomparsi. Per esempio quello dei fotografi, che giravano fra gli ombrelloni per immortalare in un artistico bianco e nero. “Oggi è tutto un selfie a colori…”.

Con orgoglio Daniel sottolinea d’aver avuto tra i suoi clienti Vip “la nipote o bisnipote di Rockefeller”, l’uomo più ricco del mondo negli anni Trenta. E di aver venduto, una volta, 570 caffè in un solo giorno.

“Sapesse quanti bambini ho visto crescere e innamorarsi sulle sponde dell’Atlantico. Ora vendo ai loro figli”, dice sorridendo.

Il sorriso malinconico del tempo che passa. Ma nell’era dell’intelligenza artificiale e dei droni che presto porteranno il caffè anche fra le sdraio, e pure zuccherato, quant’è bello poter tramandare la leggenda del venditore sull’Oceano.

 

Pubblicato sul quotidiano Alto Adige

www.federicoguiglia.com

 

 

 

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