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La guerra in Ucraina finirà il 3 febbraio, parola di Trump. Parla George Lombardi (ex consigliere di Trump)

Interventismo limitato al mantenimento della sicurezza, fine della guerra in Ucraina e relazione stretta con l'Italia e con gli altri Paesi con governi conservatori. Queste le linee di sviluppo della politica estera di Trump secondo George Lombardi, suo amico ed ex consigliere.

“Il blocco occidentale diverrà più forte e l’Italia più importante. Roma sarà trade d’union tra gli Usa e l’Ue nella nuova geopolitica di Trump”. È ambiziosa, e per il nostro Paese ottimista, la posizione di George Lombardi, ex consigliere del 45° Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, e suo amico di lunga data.

Tuttavia, l’approccio “isolazionista” in politica estera dell’ex presidente Trump allarma i partner europei, preoccupati da un disimpegno sul fronte ucraino e mediorientale.

Delle future linee di sviluppo della politica estera di Trump, Start Magazine ha parlato con George Lombardi, a margine del convegno “Mutamento geopolitico e nuovi scenari internazionali” organizzato dall’associazione Geocrazia.

Qual è la visione geopolitica di Donald Trump?

Iniziamo dicendo che Donald Trump non si occupa molto, personalmente, di politica estera perché la sua mentalità, il modo in cui ha governato e vuole governare prevede di non interferire in “casa d’altri”. Trump crede che il suo ruolo e quello degli Usa, in generale, non debba prevedere di intervenire, né a favore né contro, le politiche interne di altri Stati. Ognuno, insomma, è padrone a casa sua. E questa è l’essenza della politica estera che c’è, che c’era e che ci sarà se dovesse essere rieletto.

Se Trump non si occupa personalmente di politica estera a chi si sta affidando?

C’è un gruppo di persone, tra cui anche l’ex ministro degli esteri, Mike Pompeo, che gli fanno da consulenti. Al momento non si sa chi sarà il ministro degli Esteri, però diciamo che, in materia di esteri, le persone che c’erano prima sono le più vicine a Trump.

Il tema della sicurezza resta fuori dal perimetro di “non interventismo” trumpiano?

Chiaramente se parliamo di sicurezza, di terrorismo, le cose cambiano. E questo a prescindere da quale sia la matrice dei pericoli alla sicurezza, la Cina, l’Iran, o i narcotrafficanti. Una possibile amministrazione Trump si confronterà con gli alleati storici e con altri che hanno interesse a debellare queste forme di violenza terroristica e di propaganda antidemocratica. Le alleanze saranno specifiche su certi temi. Diciamo che, con Trump alla Casa Bianca, la preponderanza “autoritaria” che c’è stata in passato non la vedremo più.

Quindi ci possiamo immaginare un immediato disimpegno nei confronti del fronte russo-ucraino.

Trump ha detto, durante tre comizi, che, se dovesse vincere, il 3 febbraio, tre giorni essersi insediato, farà finire la guerra in Ucraina.

In che modo?

Non ha mai detto pubblicamente come, però l’ha detto ad alcuni amici. Diciamo che per far finire la guerra in Ucraina basta tagliare i rifornimenti all’Ucraina. Se non mandiamo più soldi, chiediamo la restituzione di quelli prestati e invitiamo la Polonia a riprendersi i suoi carri armati e tutte le altre armi, anche perché non le hanno pagate loro, le abbiamo pagate noi, la guerra è finita. A quel punto il presidente Zelensky andrà a sedersi a un tavolo con Putin, il quale non pretenderà, perché non lo vuole, tutto il Donbass, lo lascerà all’Ucraina. Credo che la Russia terrà per sé porzioni della Crimea, che aveva anche prima della guerra perché ha bisogno di un porto per la flotta russa. Il porto di Odessa sarà riaperto al commercio così l’Ucraina può riprendere a esportare il grano in tutto il mondo. Fine della guerra, la soluzione c’è ed è molto semplice, molto semplice.

In questi ultimi mesi si sta surriscaldando anche l’area del Pacifico. Quale sarà l’approccio di Trump qualora dovesse tornare alla Casa Bianca?

Ecco qui le cose si complicano un po’ perché la Cina è avanzata in tanti posti chiave, come le Filippine. Però, è anche vero che c’è molto malcontento nei loro confronti, anche da parte di quelle nazioni che fino a poco tempo fa, e ancora adesso, sono ufficialmente comuniste, come il Vietnam. Quest’ultimo, per esempio, non vuole avere niente a che fare con la Cina, vogliono tutti emulare la posizione di equidistanza della Corea del Nord tra Russia e Cina, vogliono essere padroni a casa loro. Gli esempi della Corea del Nord e del Vietnam porteranno anche altri paesi, anche se allineati con la Cina, a distaccarsi perché vogliono gli investimenti americani ed europei.

E la Cina resterà a guardare?

La Cina avrà un grosso busillis, una decisione gravosa da prendere. Dovrà capire se proseguire lungo la strada dell’aggressività oppure no

L’Ue sta provando, con molta difficoltà, a costruire una voce autonoma in politica estera. Che tipo di relazione possiamo immaginare con una ipotetica amministrazione Trump?

Non ci saranno problemi a cercare e a trovare accordi politici tra Usa e Ue. Tanto più che anche i paesi europei si stanno avvicinando a posizioni più conservatrici, la Francia e la Spagna stanno cambiando, l’Italia è già cambiata, l’Austria è già cambiata coi miei amici dell’FPA, in Germania l’AfD sta andando bene, in Ungheria c’è Orban. Quindi nei paesi europei stanno avanzando posizioni “patriottiche”, come le chiama Orban, nel senso di “padroni a casa propria”, ecco tutti questi politici vanno già, di base, d’accordo con Donald Trump e con la sua visione federalista del mondo. Nell’Unione europea, però, uno dei problemi riguarda i media, la maggior parte sono allineati, con poche eccezioni, con le posizioni della sinistra americana, della CNN e dei media liberal che hanno fatto di Trump un mostro, un super cattivo. Purtroppo, tanti media sono ancora nelle mani persone che non hanno capito che il mondo è cambiato e continuano a utilizzarli come armi di propaganda.

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