Più sconfortante, desolante, preoccupante delle immagini e delle notizie che arrivano dal Medio Oriente, dove non è scoppiata “un’altra guerra”, come ha titolato qualcuno, ma più semplicemente e drammaticamente è diventata più diretta, più centrata la stessa guerra, che è quella fra Iran e Israele; più sconfortante ed altro, dicevo, è lo spettacolo della politica interna italiana alle prese con gli sviluppi della situazione. Che stanno portando alla composizione di quei pezzi dell’unica guerra mondiale avvertita dal compianto Papa Francesco, e in qualche modo ereditata dal successore Leone quattordicesimo.
L’accusa di Elly Schlein a Giorgia Meloni di essere “appesa agli umori di Trump”, che ha definito una “operazione eccellente” quella intrapresa da Israele contro l’Iran decisa a nuclearizzarsi militarmente pur fingendo di trattare in senso contrario con gli americani, si è intrecciata con “l’afonìa” rinproverata alla premier italiana da Giuseppe Conte. Ma anche dalle componenti che vorrebbero essere considerate moderate del campo a dimensioni variabili dell’alternativa al governo.
La ciliegina su questa torta è la polemica provocata dal vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani sul ritardo orario, diciamo così, col quale la Schlein e soci si sono accorti degli attacchi israeliani all’Iran reclamando e ottenendo l’informativa di oggi dello stesso Tajani alle commissioni Esteri e Difesa congiunte della Camera e del Senato. E’ la polemica su chi si è svegliato e, più in generale, si sveglia prima o di più nella notte, ma anche durante il giorno, fra il governo e gli avversari o critici.
Ma ancor più delle reazioni politiche delle opposizioni, stavolta meno divise del solito se non proprio ridottesi al singolare, appaiono prevenute e scomposte quelle dei loro consiglieri mediatici.
Massino Giannini, per esempio, sulla sua Repubblica di carta, pur riconoscendo una volta tanto che “sarebbe sbagliato gettare la croce addosso a Meloni”, la coinvolge comunque nella denuncia di “questo capolavoro di beata irrilevanza” di “un’Italia assente dal gioco, muta ininfluente”, nonostante il traffico fisico e telefonico a Palazzo Chigi e alla Farnesina.
Marco Travaglio, poi, come per farsi perdonare la libertà presasi dissociandosi dalla vittoria cantata dalla parte più radicale dell’opposizione che ha clamorosamente perduto i referendum promossi e cavalcati su lavoro e cittadinanza, ha addirittura accusato il governo di essersi praticamente allineato tanto a Israele e a Trump da esporre l’Italia al pericolo di una ritorsione del “terrorismo islamista”. Meloni e Tajani, in particolare, “disegnano un bersaglio sulla schiena di tutti noi cittadini”. Testuale, dall’editoriale odierno del Fatto Quotidiano.