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Trenta

Come cambiare la governance del Mare

L’efficacia di un “governo del mare” è legata a una nuova e più ampia definizione di Potere Marittimo, che include aspetti militari e civili e che non può prescindere dalla disponibilità di uno strumento aeronavale versatile. L’articolo del CF, Emiliano Magnalardo, Stato Maggiore Marina Militare (Capo Sezione Strategia Marittima ed Industriale, Ufficio Politica Marittima e Relazioni Internazionali, Dipartimento Sviluppo dello Strumento Marittimo).

 

La stretta correlazione tra interesse e sicurezza nazionale è stata chiaramente rimarcata nell’Atto d’indirizzo del ministro della Difesa, nel quale viene enunciato che “nell’esclusiva tutela degli interessi nazionali – da esplicitare più nel dettaglio per una migliore pianificazione delle risorse – la Difesa promuoverà verso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – massimo referente istituzionale per la Sicurezza – una vera e propria strategia per la sicurezza nazionale, che sia unitaria, sistemica e collegiale, per il potenziamento della sicurezza collettiva e della resilienza del Paese, da sviluppare secondo un approccio multidimensionale – inter-dicasteriale/inter-agenzia”.

Pertanto, risulta di fondamentale importanza, in accordo con l’indirizzo inter-agenzia segnato dal ministro, che si intavoli una discussione di livello inter-ministeriale che, con approccio inclusivo, possa addivenire a una definizione compiuta di una «matrice» di interessi nazionali – chiaramente e, per quanto possibile, univocamente identificati – da impiegare quale driver dell’azione e delle capacità delle Forze Armate.

Tale esigenza assurge a valenza strategica proprio nel dominio marittimo, attesa la caratterizzazione della nostra economia, principalmente orientata alla trasformazione, e alla correlata necessità di approvvigionamento di risorse primarie, senza le quali la possibilità di sostentamento e di sviluppo economico sarebbero severamente compromesse. Basti ricordare che, ad inizio 2018, l’indotto del settore marittimo è arrivato a 45 miliardi di euro, pari al 2,9 % dell’economia totale, impegnando oltre 880.000 lavoratori, pari al 3,5 % dell’occupazione complessiva nazionale.

Su tali dinamiche, si dovrebbe quindi inserire un approccio “Orientato all’Interesse Nazionale” (National Interest Oriented) capace di:

  • condurre, con spiccato approccio inter-ministeriale, un’attenta disamina degli interessi del Paese, operandone una prioritarizzazione rispetto alle categorizzazioni degli interessi in “vitali”, “strategici” e “contingenti”, utili alla salvaguardia degli elementi essenziali della Nazione che si vogliono tutelare;
  • studiare, in chiave preventiva, le vulnerabilità intrinseche a tali interessi, al pari delle potenzialità da preservare;
  • individuare, minacce che incombono su di essi o tensioni che, in prospettiva, potrebbero condizionarli;
  • analizzare, le conseguenze che derivano dalle suddette minacce, anche in termini di potenziali sviluppi, valutandone le ripercussioni sul “Sistema Paese”.

Risulta evidente, quindi, come anche in Italia emerga la necessità di creare una governance del mare dedicata, utile sia a sostenere la cultura marittima del nostro Paese, sia a meglio coordinare il cluster marittimo, composto da stakeholder e Istituzioni civili e militari che operano a vario titolo sul mare e capace di fare sintesi e cogliere, in modo organico, le opportunità industriali e commerciali di settore così come le esigenze di difesa e sicurezza, aggiornando il quadro normativo e legislativo di riferimento.

La connotazione sinergica e trasversale di questo organismo potrebbe, in un’ottica ambiziosa ma vincente, influenzare una nuova definizione di “Potere Marittimo 2.0”, declinabile come: capacità sistemica di uno Stato di perseguire e difendere i propri interessi nazionali afferenti la sfera marittima, attraverso l’azione, sinergica e coordinata, delle componenti militari e civili del cluster nazionale.

In tale ottica, le forze navali devono poter esprimere idonee capacità di prolungata sorveglianza e pattugliamento, sopra e sotto la superficie, anche nell’ambito di scenari ad alto rischio, nonché capacità di comando e controllo di dispositivi, ovvero di ingaggio di precisione di obiettivi in ambiente marittimo e terrestre, a supporto delle operazioni nazionali o di coalizione.

La Difesa deve per tanto realizzare un efficace rinnovamento della strumento aeronavale, intrinsecamente duale, multidisciplinare ed interforze, capace di garantire un significativo ruolo abilitante e di proiezione di capacità, sul mare e dal mare, al fine di contribuire alla sicurezza del Paese mediante:

  • la difesa avanzata, identificando e circoscrivendo i rischi e le minacce prima che questi possano produrre danni sul territorio nazionale;
  • il supporto alla resilienza nazionale, grazie alle attività concorsuali e istituzionali inquadrate in più ampio approccio sistemico.

Partendo dall’analisi degli interessi nazionali, è evidente l’importanza e l’attualità del dominio marittimo per il benessere, la prosperità e la sicurezza del nostro Paese, si auspica, per tanto, lo sviluppo di una visione moderna, duale e interministeriale, che approcci la dimensione marittima in modo sistemico, attraverso un elemento di governance capace di coordinare le molteplici attività e gli interessi dello Stato sul mare.

L’efficacia di questo “governo del mare” è intrinsecamente legata a una nuova e più ampia definizione di Potere Marittimo, che include aspetti militari e civili – in un’architettura sinergica e inter-dicasteriale – e che non può prescindere dalla disponibilità di uno strumento aeronavale versatile, bilanciato nelle sue componenti, capace di supportare la tutela degli interessi nazionali – debitamente identificati e prioritarizzati – e, in un’ottica più ampia, una moderna azione di concorso alla promozione e alla salvaguardia della stabilità e della pacifica convivenza.

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