skip to Main Content

GARA DI RITORNO CILE

“La gara di ritorno. Cile 1973” è una vera partita fantasma

 “La gara di ritorno. Cile 1973” di Gregorio Scorsetti letto da Tullio Fazzolari

Nel lessico delle cronache sportive una “partita fantasma” è diventata quella che in qualche misura altera il regolare svolgimento di un campionato. In altre parole, è un argomento che fa la gioia dei  tifosi perché se ne può discutere all’infinito senza mai venire a capo di nulla. Ma la vera e ben più drammatica partita fantasma è di cinquant’anni fa. È il novembre del 1973, si avvicinano i campionati mondiali di calcio che si giocheranno in Germania l’anno successivo e due squadre nazionali, il Cile e l’Unione Sovietica, devono affrontarsi in una gara decisiva per la qualificazione. Ma la partita non è e non può più essere un evento sportivo. Da appena due mesi il golpe del generale Pinochet ha rovesciato il legittimo presidente cileno Salvador Allende instaurando una delle più feroci dittature di tutti i tempi. Allende viene assassinato. Lo stadio in cui si dovrebbe giocare diventa una prigione per 15 mila cileni contrari al regime. Ma la partita contro l’Unione Sovietica è un appuntamento fissato nel calendario della federazione calcistica internazionale.

Quello che avviene a questo punto lo racconta assai bene Gregorio Scorsetti con “La gara di ritorno. Cile 1973” (66THAND2ND, 192 pagine, 16 euro). In assoluto, una fedele e puntuale ricostruzione dei fatti in cui non ci sono soltanto le vicende del football ma anche un resoconto delle atrocità commesse dai golpisti. Sono violenze fisiche e psicologiche che purtroppo troveranno spietati emulatori fra i militari argentini appena tre anni dopo. Le ferite profonde che la repressione lascia nel popolo cileno si leggono perfettamente nei dialoghi fra i protagonisti che Scorsetti riporta con grande abilità. Ovviamente il personaggio centrale di “La gara di ritorno” non può che essere un calciatore. Su chiama Francisco Valdés detto “Chamaco”. È un vero idolo per i tifosi locali e come tutti i giocatori del suo club, il Colo Colo di Santiago, è un sostenitore di Allende pur non facendo politica attiva. Ma è anche il capitano della Roja, la nazionale di calcio cilena. Se questo ruolo da un lato può metterlo al riparo dalle violenze dei militari, dall’altro fa ricadere sulle sue spalle tutto il peso dell’imminente partita  con l’Unione Sovietica. E Valdés, con coraggio e a suo rischio, inizia una battaglia per salvare il salvabile. Tra i prigionieri dei golpisti ci sono due calciatori fondamentali  per la nazionale. Il primo è Hugo Lepe, che gioca da difensore ma nella vita privata è un architetto e soprattutto un militante di spicco del partito socialista di Allende. L’altro è un attaccante, Mario Moreno, anche lui arrestato per le sue simpatie di sinistra. La vera partita di Valdés è quella di riuscire a trovarli fra le migliaia di detenuti, poterci parlare e constatare come sono stati ridotti da percosse e torture. E soprattutto farli liberare. Questa  è la vera vittoria di Chamaco che non se ne farà mai un vanto. Anzi  si rammaricherà per tutta la vita di non essere andato alla commemorazione di Pablo Neruda per non compromettere il già difficile rapporto con i golpisti. L’altra partita, quella fantasma, non si giocherà. L’Unione Sovietica darà una lezione di dignità rifiutandosi di scendere in campo in quello stadio che era stato una prigione.

Back To Top