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Arnese

La flemma di Conte, le priorità di Grillo, la svolta di Bonomi e il palio di Mustier

Fatti, nomi, numeri, curiosità e polemiche. I tweet di Michele Arnese, direttore di Start, non solo su Mustier...

 

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SORPRESA: MUSTIER E’ ANTIPATICO

 

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ECCO CHI HA TIFATO CONTRO MUSTIER. CHE COSA E’ SUCCESSO IN UNICREDIT. MIO PEZZO DI IERI

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Come mai il capo azienda di Unicredit, Jean-Pierre Mustier, lascia prima della scadenza la carica di amministratore delegato?

Ecco le versioni di Sole 24 Ore, Repubblica e Corriere della Sera.

PERCHE’ C’E’ STATA LA ROTTURA IN UNICREDIT SU MUSTIER

Per Repubblica, il caso Mps è stato il fattore scatenante dell’uscita di Mustier da Unicredit: “Al bivio tra un’iniezione di “italianità”, che potrebbe coincidere con l’acquisizione di Mps, e il tirar dritto inseguendo gli investitori internazionali, il cda di Unicredit ha dato il suo benservito a Jean Pierre Mustier. L’impazienza di compiere una mossa per ridare smalto al gruppo in Italia, dove soffre il primato di Intesa Sanpaolo e in Lombardia è minacciato da Banco Bpm e dalle sue possibili aggregazioni, ha avuto la meglio sulla linea del capoazienda francese che da oltre due anni ripeteva «niente fusioni» a ogni incontro pubblico”. Insomma, scrive il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, “è chiara la pressione del sistema politico, per le nozze con il Montepaschi”.

PASSATO, PRESENTE E FUTURO DI UNICREDIT SECONDO IL CORRIERE DELLA SERA

Ricorda il Corriere della Sera: “A febbraio del 2017 si chiude il maxi aumento di capitale da 13 miliardi, il più grande mai realizzato in Italia da una banca. Vengono vendute sofferenze, cioè crediti a rischio («Npl») per un volume di 17 miliardi. La somma delle operazioni è superiore alla capitalizzazione di Borsa di Unicredit. Settimane in giro per il mondo a convincere gli investitori. Il banchiere francese ci riesce. Poi le dismissioni, da Pioneer ceduta ad Amundi alla progressiva uscita da Fineco e da Mediobanca. Operazioni considerate necessarie per rafforzare la banca. La sintonia con il board è ampia in quel momento”.

Ma anche per il quotidiano diretto da Luciano Fontana il dossier Mps caldeggiato dal governo (affinché il Tesoro possa scendere nel capitale del Monte come da accordi con Bruxelles) è stato il casus belli: “Ora per Unicredit cominciava la fase due, resa possibile dal lavoro svolto da Mustier e dalla sua squadra. Una banca da tempo public company, dove nessun azionista arriva a detenere pacchetti a due cifre. Punto di forza, ma anche di fragilità quando bisogna attraversare momenti complessi con onde alte dieci metri. Poi la decisione, ieri, di lasciare ma consentendo i tempi giusti per una transizione ordinata. Il suo disegno: costruire un gruppo paneuropeo vincente, negli ultimi mesi tra lui e il consiglio si era consumata una distanza. Incolmabile. Anche il mercato ha fatto altre scelte. Ora il dossier è lì: Unicredit si unirà con Mps?”.

L’APPROFONDIMENTO DEL SOLE 24 ORE SU MUSTIER E UNICREDIT

Sul Sole 24 Ore un intero articolo si concentra su altri aspetti: caratteriali e di rapporti interni. Ecco il passo saliente del quotidiano confindustriale diretto da Fabio Tamburini: “Compiuto il grande risanamento di fine 2016-inizio 2017, che ha visto il manager francese portare a casa l’aumento più grande di sempre per una banca europea (13 miliardi) accompagnato da una riduzione del perimetro societario a colpi di cessioni, ha faticato a prendere forma la fase successiva, la nuova normalità fatta di gestione ordinaria, prassi, rapporti tra prime, seconde e terze linee oltre che con la clientela. Quando top manager, gestori e bancari si attendevano che la pressione si potesse finalmente allentare, la gestione – fanno notare diverse voci raccolte da Il Sole 24 Ore – è rimasta quella tipica di una fase di crisi, improntata a un monitoraggio strettissimo dei processi, a una suddivisione certosina delle responsabilità dentro a un organigramma in continuo mutamento. Con il risultato di aver deresponsabilizzato buona parte della piramide, con le prime linee affaticate da una marcatura stretta, intimorite dalla severità di trattamento riservata a chi commetteva errori, e la base intrappolata in uno spazio di manovra vissuto come sempre più stretto. Su tutto, la difficoltà a capire e condividere da parte del popolo di UniCredit un’attenzione alla creazione di valore finanziario, quello che piace agli analisti prima ancora che agli investitori, a scapito di quello commerciale”.

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