Pur con l’orrore negli occhi – spero – dell’apocalisse marocchina, fra le macerie del terremoto e i volti disperato dei sopravvissuti, il direttore in persona di Repubblica, Maurizio Molinari, ha voluto festeggiare in Italia “il momento della debolezza” del governo di Giorgia Meloni, arrivato “con la prima vera flessione registrata nei sondaggi” come quello pubblicato ieri dal concorrente Corriere della Sera. Una flessione che si aggiunge o completa “le poche risorse economiche per sostenere la crescita, un numero di migranti in costante aumento e le resistenze ideologiche dello zoccolo duro del partito” della premier distratta dai solitamente gratificanti ma forse innocui impegni internazionali.
Per fortuna della Meloni e del suo governo un uomo – credo – di maggiori competenze e prestigio di Maurizio Molinari, l’economista e senatore a vita Mario Monti, ex presidente del Consiglio, solitamente parco di riconoscimenti, ancora convinto qualche giorno fa che un accordo fra Roma e Parigi non riuscirà a smuovere la Germania dalla sostanziale indisponibilità ad allentare il patto di stabilità europeo sospeso ancora per poco a causa del Covid, ha rinnovato la sua sostanziale o mezza fiducia – come preferite -nel governo alle prese con “un passaggio difficile per l’economia italiana”. In particolare, in un editoriale del Corriere della Sera egli ha fornito un assist alla “premier, impegnata in politica già a vent’anni, cresciuta alla Garbatella, piena di ardimento” e al “ministro dell’Economia, varesino laureato alla Bocconi, uomo pragmatico e prudente”. “E’ nelle loro mani, nelle loro capacità complementari, nella loro intesa la possibilità – ha scritto – di trasformare quel passaggio difficile in una grande opportunità”.
Quale sia questa opportunità Monti lo ha spiegato avvertendo che “se parleranno chiaro e diranno la verità”, come hanno mostrato di voler fare dissipando “le illusioni monetari e finanziarie così come le illusioni populistiche e sovraniste che anch’essi hanno contribuito ad alimentare” in passato, “il buon senso tornerà nelle menti degli italiani e nelle aule parlamentari: la più importante -ha detto- delle riforme” possibili o auspicabili. Compresa -credo- quella del cosiddetto premierato su cui si sprecano speranze e terribili previsioni, addirittura “eversive” secondo il pur mite costituzionalista Enzo Cheli.
A scommettere naturalmente che le cose vadano al contrario di quanto auspichi Monti è, fra gli altri, la segretaria del Pd Elly Schlein, sempre più decisa a inseguire il grillino Giuseppe Conte sul fronte populista piuttosto che a trattenere i riformisti finalmente – secondo lei – in uscita dal Nazareno, il posto sbagliato dove avevano deciso di restare dopo la sua irruzione al vertice. Lei non se ne sente adesso abbandonata, ma liberata, come la propone sul Secolo XIX Stefano Rolli.