Se Kamala Harris ha promesso di inasprire il prelievo fiscale sui super-ricchi, c’è chi ora sta tentando di dissuaderla e instradarla verso altre soluzioni. Sono i donatori della sua campagna elettorale, tra cui alcuni importanti manager di Wall Street e della Silicon Valley, che secondo il New York Times hanno approcciato la candidata sussurrandole idee alternative.
Il piano di Kamala
La campagna elettorale di Harris ha confermato la settimana scorsa l’intenzione di mantenere inalterati gli aumenti di tasse già previsti dall’attuale presidente Biden nell’ultima proposta di budget.
Tra i punti più delicati del programma c’è la tassazione al 25% dei redditi da investimento per chi guadagna più di 100 milioni di dollari l’anno.
La cosiddetta “billionaire minimum income tax” graverebbe non poco sui portafogli dei contribuenti il cui reddito è generato prevalentemente dal possesso di azioni o altri asset.
Gli approcci
Il New York Times ha parlato con sette persone che avrebbero riferito di cauti approcci dei donatori della campagna di Harris con la stessa candidata o il suo staff per esprimere il proprio dissenso rispetto ai piani fiscali che molto li penalizzerebbero.
Una di queste persone ne avrebbe parlato direttamente con Harris, mentre gli altri hanno interloquito con i suoi principali consiglieri o con imprenditori a lei vicini.
Un donatore, l’ex proprietario della squadra di basket dei Dallas Mavericks Mark Cuban, riferisce al quotidiano di aver trovato i suoi interlocutori nella squadra di Harris molto aperti a un confronto. Secondo lo speranzoso Cuban addirittura “niente è stato ancora deciso”.
Conferme dalla campagna
Che ci siano dei movimenti sotto traccia lo conferma uno dei consiglieri della campagna di Harris, Charles Kretschmer Lutvak, che al Nyt spiega come la candidata sia pronta a valutare modalità alternative per tassare gli ultraricchi.
L’obiettivo della vicepresidente, spiega Kretschmer Lutvak, è creare un sistema fiscale più equo, in cui “i miliardari e le grandi corporation (paghino) la loro giusta quota di tasse.”
Sussurri
Un altro donatore, Aaron Levie, Ceo di Box, si dice ottimista, nella convinzione che le proposte fiscali siano un’eredità di Biden che potrebbero non essere vincolanti per la sua vicepresidente.
Altri donatori ritengono che l’approccio di Harris verso il mondo delle grandi imprese sia più amichevole di quello esibito dall’attuale inquilino della Casa Bianca, e che la giusta dose di pressioni potrebbe convincerla a cambiare idea.
Le mosse di Harris
C’è d’altronde un’evoluzione nella campagna di Harris, nota il Nyt, ed è la grande attenzione rispetto a un’area cruciale in termini di concentrazione di ricchezza come la Silicon Valley.
L’area che un tempo Harris rappresentò come senatrice della California è oggetto di una serie di iniziative come la formazione di gruppi di affinità, la nomina di vari fund-raiser, o l’assegnazione di specifici membri dello staff.
Secondo il quotidiano inoltre la campagna democratica ha moltiplicato le attenzioni nei confronti della comunità delle criptovalute malgrado sia considerata di orientamento politico opposto. Ci sarebbero stati anche incontri coi manager delle principali società di criptovalute.
Questi sforzi sembrano essere stati premiati, a giudicare almeno dalla gigantesca somma di 540 milioni di dollari di donazioni raccolta dalla campagna in poco più di un mese.
Adesso però ci si aspetta reciprocità, possibilmente sotto la forma di proposte meno drastiche e punitive in materia fiscale.