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Polonia

Perché la visita di Biden a Kiev conferma la nuova centralità della Polonia

Dopo anni di crescita economica, adesso la Polonia sta acquisendo anche un peso strategico sul fianco orientale della Nato. Ecco numeri e scenari per il paese, tra spese militari in aumento e nuove ambizioni. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti

 

Chiuso il sipario sulla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, la scena diplomatica internazionale si sposta più a est. Protagonista il presidente americano, prima piombato a sorpresa a Kiev, poi atteso a Varsavia, in Polonia, per una visita invece programmata da più tempo.

Se il blitz in Ucraina assume un evidente valore dirompente, anche il viaggio a Varsavia è colmo di significati simbolici, proprio perché a lungo studiato. Innanzitutto avviene alla vigilia del primo anniversario dell’attacco russo a Kiev, proprio mentre la guerra vive una nuova fiammata. E poi perché il messaggio già rilanciato a Kiev (“Saremo al fianco dell’Ucraina per tutto il tempo necessario”), partirà anche da quello che è il principale retrovia militare del fronte bellico. Da lì Biden vuol tranquillizzare soprattutto i paesi del fianco orientale della Nato che l’impegno degli Stati Uniti non verrà meno, nonostante anche nel suo Paese aumentino le richieste per un ridimensionamento degli aiuti finanziari a Kiev, che hanno già superato i 100 miliardi di dollari.

QUANTO CONTA OGGI LA POLONIA

La Polonia vede così riconosciuto il suo ruolo sempre crescente nel rimescolamento degli equilibri militari in Europa, una delle tante scosse tettoniche prodotte dalla guerra di Putin. Una legittimazione strategica e non tattica, che arriva da un presidente democratico e non da uno amico del governo conservatore di Mateusz Morawiecki, come nel caso di Donald Trump.

Oggi Varsavia può far pesare l’assennatezza della sua politica estera verso Mosca, gli allarmi inascoltati lanciati per anni contro le mire del Cremlino, l’opposizione strenua ai gasdotti con cui Putin legava i destini energetici di tedeschi ed europei. E il piatto dei finanziamenti alla spesa militare, già al 2,4% del Pil prima dello scoppio della guerra, destinati quasi a raddoppiarsi e a toccare nel futuro prossimo il 4%, primo posto fra gli Stati membri. L’esercito polacco conta oggi 170.000 soldati, tanto quanto la Germania, ma l’obiettivo dichiarato dal ministro della Difesa Mariusz Blaszczak è di costruire “il più grande esercito di terra in Europa” con 300.000 soldati.

A gennaio, con un accordo da 1,3 miliardi di euro, il governo ha approvato l’acquisto di 116 carri armati Abrams dagli Stati Uniti, che dovrebbero arrivare entro la fine dell’anno. Saranno l’avanguardia degli altri 250 Abrams, acquistati lo scorso anno, che gli Usa consegneranno alla fine del 2024. E nel 2020, la Polonia aveva firmato un contratto per l’acquisizione di 32 caccia F-35 di quinta generazione, sempre dagli Usa.

Un rafforzamento militare che segue di pari passo la ritrovata importanza del fianco orientale della Nato e dell’Ue nei nuovi scenari ridisegnati dal conflitto russo-ucraino. In Polonia, Biden incontrerà gli alleati del cosiddetto “Bucarest Nine” (oltre al paese ospitante, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Montenegro, Macedonia del Nord, Romania e Slovacchia). È grosso modo l’area compressa tra Mar Baltico, Mar Nero e Adriatico che lo statista polacco Józef Pilsudski chiamò dopo la prima guerra mondiale Intermarium, e la cui suggestione è tornata ad aleggiare negli scorsi anni attraverso la nuova iniziativa del Trimarium. Un’iniziativa dell’Europa di mezzo che è stata anche interpretata come il tentativo di controbilanciare il peso di Francia e Germania grazie alla sponda degli Stati Uniti. Ma oggi gli obiettivi potrebbero essere o diventare altri, dopo la disruption geopolitica determinata dalla guerra russa.

IL TRIUMVIRATO PARIGI-BERLINO-VARSAVIA

Ad esempio, quello di inaugurare un triumvirato in Ue Parigi-Berlino-Varsavia con la sponsorizzazione Usa. Fino a poco tempo fa, la Polonia condivideva con l’Ungheria il ruolo di pecora nera dell’Ue per una serie di politiche ritenute lesive dello Stato di diritto, soprattutto riguardo agli equilibri tra magistratura e politica e nella gestione dei mezzi di informazione. Ma mentre l’Ungheria di Viktor Orban mantiene quasi con orgoglio lo scomodo ruolo, rinvigorendolo con una linea molto critica verso le sanzioni economiche ed energetiche di Bruxelles contro la Russia, la Polonia sta acquisendo autorità morale non solo nella Nato ma anche nell’Ue, nonostante non sia affatto fuori dai guai per quanto riguarda le lesioni allo Stato di diritto.

Tuttavia bisognerà osservare con molta attenzione le mosse strategiche della Polonia nei prossimi mesi. L’esperienza dei rapporti trilaterali fra Varsavia, Parigi e Berlino non è stata finora una storia di successo, come dimostra il cosiddetto Triangolo di Weimar, l’alleanza non vincolante istituita nel 1991 allo scopo di promuovere la cooperazione economica e politica tra le tre nazioni. Essa viene giudicata ovunque una grande delusione e quando otto anni fa si è trattato di affrontare questioni oggi essenziali come i contrasti fra Russia e Ucraina, Germania e Francia pensarono bene di scaricare i polacchi per chiudersi in quel formato Normandia che ha poi prodotto gli infruttuosi accordi di Minsk.

IL TEMPO È DALLA PARTE DELLA POLONIA

Proprio questo fallimento potrebbe, secondo un’analisi del portale europeista Euractiv, adesso favorire un ripensamento franco-tedesco: “Dato il pessimo record degli sforzi di pacificazione con la Russia, i cosiddetti accordi di Minsk negoziati da Francia e Germania, il tandem internazionale Parigi-Berlino ha un disperato bisogno di un pilastro credibile, che certamente potrebbe essere la Polonia”.

Un’alleanza di interesse, non d’amore. “Ma il tempo è dalla parte di Varsavia”, riprende Euractiv, “il giorno in cui l’Ucraina entrerà a far parte dell’Ue, con il suo potente esercito, ricco di esperienza sul campo di battaglia, il centro di gravità dell’Europa si sposterà a est. L’amministrazione americana lo sa già e Parigi e Berlino non avranno altra scelta che adattarsi alla nuova realtà”. Certo è che se Varsavia non sbaglierà mosse, nei prossimi anni potrà essere lei a decidere in quale contenitore portare il nuovo prestigio politico acquisito sul campo. Quel che la Polonia ha dimostrato negli ultimi venti anni con la sua crescita economica sta a dimostrare che è un Paese che va preso molto sul serio.

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