Skip to content

jerusalem suite

La storia incredibile dell’albergo l’American Colony di Gerusalemme

"Jerusalem Suite" di Francesco Battistini letto da Tullio Fazzolari.

Sicuramente è solo un’illusione. Però almeno nel giorno di Pasqua nulla impedisce di sognare che Gerusalemme torni a essere un luogo di pace senza guerra e senza terrorismo. In realtà qualcosa del genere esiste davvero nella Città santa. Non è un edificio religioso e nemmeno un ospedale ma un albergo: l’American Colony che è stato testimone e forse anche un po’ protagonista delle vicende degli ultimi ottant’anni. A raccontarne la storia avvincente è Francesco Battistini con il suo libro più recente: “Jerusalem Suite. Un hotel in prima linea tra Israele e Palestina” (Neri Pozza, 432 pagine, 22 euro).

La prima considerazione che viene in mente è che altri alberghi hanno dato il proprio nome a un evento. Basti pensare al Watergate di Washington. Oppure a un Hilton dove si organizzava un complotto contro Gheddafi. Il nome del Colony, invece, non è associato a nulla ma, come ben racconta Battistini, fra le sue mura è successo di tutto. Lo stile narrativo dell’autore non è una sorpresa. Fra gli inviati di guerra è uno dei pochi a lasciarsi solleticare da curiosità che altri non colgono. E nella scrittura pone sempre in evidenza l’aspetto umano senza mai scadere in quel giornalismo un po’ deamicisiano che spesso si riscontra soprattutto in televisione nei servizi da Gaza o dall’Ucraina.

“Jerusalem Suite”, invece, si legge come un romanzo ma ogni capitolo descrive luoghi e protagonisti assolutamente reali ripercorrendo circa 150 anni di storia. Il Colony è un albergo dal 1902. In precedenza, come rivela il nome, è stato una colonia di presbiteriani arrivati a Gerusalemme dagli Stati Uniti. Acquistata la casa di un notabile arabo l’avevano utilizzata per aprire una scuola, un’infermeria e un laboratorio. La svolta arriva quasi vent’anni dopo con la nascita dell’hotel che nel 1947 si ritroverà proprio a ridosso della linea verde che separa la zona araba da quella israeliana. E il destino del Colony sembra proprio quello segnato dalla sua posizione: è terra di nessuno e, contemporaneamente, terra di tutti. E tutti ci lavorano: il personale è senza discriminazioni composto da ebrei, musulmani e cristiani.

Nel luogo, purtroppo assai limitato, in cui la coesistenza pare possibile forse è più facile parlare di pace. Ed è nella stanza numero 16 al piano terra del Colony che si svolgono le trattative che porteranno agli accordi di Oslo. In un’altra stanza vive praticamente segregato il protagonista di una spy-story che ha rivelato al mondo i programmi nucleari israeliani. Nel giardino ci sono le palme piantate dall’attore Peter Ustinov per rimpiazzare quelle andate a fuoco che era state piantate da un suo antenato. Nel parcheggio s’incontra il tassista che ha accompagnato Kissinger a visitare lo zoo. Alla reception lavora il manager Jeremy che ha conosciuto tutti.

E poi una sfilza di celebrità: da Lawrence d’Arabia a Bob Dylan passando per Winston Churchill e prima ancora un bambino di nome Rudolf Hess. E alla fine grazie a “Jerusalem Suite” si scopre un luogo che ha visto la storia ma è anche un esempio di pacifica convivenza.

Torna su