Gli attacchi israeliani a infrastrutture e siti strategici dell’Iran avevano un solo obiettivo: ritardare o fermare completamente la costruzione della bomba atomica iraniana. La vera minaccia, spesso dimenticata, sono gli Houti. “I rischi per le aziende italiane sono enormi. Ma l’Onu ormai agisce contro la pace mondiale, aiuta coloro che vogliono la guerra”, spiega il professor Giulio Sapelli, economista, e saggista.
Gli impianti nucleari e i siti di ricerca sull’atomo sono stati i più colpiti dall’attacco di questa notte, per quale ragione?
Credo che l’obiettivo di questa operazione fosse ritardare o impedire la costruzione di una bomba atomica iraniana. Un aspetto da non sottovalutare è che i servizi segreti israeliani sono in grado di penetrare nelle strutture della società iraniana attraverso l’infiltrazione selettiva. Non credo ci siano rischi per la sicurezza legati agli attacchi ai siti nucleari. A questo proposito, l’AIEA ha fatto una previsione molto cauta. Parliamo di un’organizzazione diretta da una persona molto competente, spero e sono convinto che quest’operazione sia stata fatta avvertendo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.
Quanto è alto il rischio di escalation? Come leggere le dichiarazioni di Tajani e Trump dei giorni scorsi a proposito del rischio 0 di attacchi israeliani contro l’Iran?
Gli annunci di Tajani e Trump riguardo il fatto che non ci fossero rischi di attacchi sono dichiarazioni che rientrano nel solco della diplomazia. Oggi si pensa che le relazioni internazionali non esistano più, ma esista solo il potere delle armi. Non a caso l’Australia e la Nuova Zelanda hanno condannato l’attacco israeliano per mettere le mani avanti per un’eventuale reazione della Cina in quell’area.
Gli attacchi notturni hanno ucciso il comandante dei pasdaran e anche il comandante in capo maggiore. È possibile che l’obiettivo “nascosto” di Israele fosse colpire la catena di comando militare in Iran, seguendo la cosiddetta “strategia della decapitazione”?
Sicuramente l’uccisione dei capi militari è stata un elemento importante. C’è stata poi una distruzione pesantissima degli armamenti. Un altro elemento da notare è che i siti petroliferi non sono stati bersaglio degli attacchi.
I prezzi del petrolio sono schizzati in alto, è un trend momentaneo secondo lei o potrebbe continuare? Quali conseguenze potrebbe avere per l’Ue e l’Italia?
Stiamo assistendo a un picco verso l’alto, che come insegnano i grandi maestri credo che rimarrà alto per un bel po’ di tempo. C’è una tendenza all’aumento del prezzo, dovuta alla depredazione dei pozzi e all’aumento del consumo di petrolio nel mondo. Poi c’è soprattutto l’elemento della speculazione. Da quando siamo passati alla fissazione dei prezzi attraverso i futures, che ormai indicano la temperie culturale e gli andamenti in borsa, non sono legati all’economia come un tempo.
Le compagnie di navigazione hanno già suonato l’allarme rosso: lo Stretto di Hormuz (che gestisce il 25% del petrolio mondiale) e il Mar Rosso sono sotto minaccia. Centinaia di navi dovranno ora cambiare rotta. Quanto è grande la minaccia secondo lei e quali effetti concreti potrebbe avere per l’Ue e l’Italia nel medio-lungo termine?
In realtà le compagnie di navigazione chiamano a raccolta il mondo affinché bombardi e fermi definitivamente la minaccia degli Houti. Questa è una vera e propria chiamata alle armi. Un compito che dovrebbe riguardare tutte le nazioni internazionalmente interessate. Abbiamo tutti i mezzi tecnici per porre fine a questa minaccia, ma non si fa nulla. L’Oman si è auto-candidato per assumere una posizione di mediazione, ma mi pare che non riesca ad andare in porto. Pensi al danno di questa situazione per l’Egitto. Attualmente, invece, l’Onu è dominata da una corrente antisemita e filo-islamista. L’Onu ormai agisce contro la pace mondiale, aiuta coloro che vogliono la guerra. Negli ultimi anni ha taciuto su tutte le questioni più importanti. L’ultimo atto degno di nota è stato il tentativo di evitare l’attacco americano in Iraq. Però non si è espressa su Tony Blair, allora primo ministro del Regno Unito, che svolse quel ruolo infame e per il quale è stata condannato dalla Camera dei lord come criminale di guerra.
(Estratto di un’intervista pubblicata su Energia Oltre)