Di rosa continua a colorarsi la Nato, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (North Atlantic Treaty Organization) sorta nel 1949, all’indomani della fine della seconda guerra mondiale, con lo scopo di promuovere la collaborazione tra Stati nel settore della difesa e della sicurezza.
L’italiana Irene Fellin è stata recentemente nominata Rappresentante speciale del Segretario generale della Nato per le politiche su donne, pace e sicurezza (Wps, “women, peace and security”), succedendo all’inglese Clare Hutchinson.
Nella pur giovane ma lunga carriera, Irene Fellin si è già occupata delle tematiche, ricoprendo incarichi (Wiis, “women in International security”) per agenzie dell’Onu, per l’Istituto Affari internazionali (Iai) come Responsabile delle questioni di genere e sicurezza nonchè presso la Nato a Bruxelles come consigliera della Rappresentante speciale del Segretario generale per le questioni “Donne, Pace e Sicurezza”: questo in estrema sintesi rimandando alla lettura di un più corposo e completo curriculum vitae.
La nomina di Irene Fellin, pur nella prosecuzione di una straordinaria carriera professionale, ha sicuramente un significato specifico: alla luce del tempo che stiamo vivendo — il tempo della pandemia — c’è più che mai bisogno urgente di attuare l’Agenda delle Nazioni Unite concentrando gli sforzi proprio sul tema “Donne, Pace e Sicurezza”.
Trovo straordinario continuare a focalizzare l’attenzione mondiale sul tema delle donne e, nel contempo, sulla questione pace e sicurezza; ancor più straordinario appare l’aver continuato ad affidare ad una donna il ruolo di Rappresentante speciale del Segretario generale della Nato per “women, peace and security”.
Si dovrebbe essere orgogliosi di questa recente nomina, non solo per l’importanza conferita all’Italia, uno dei 30 Stati facenti parte della Nato, ma anche in una prospettiva più incisiva: il ruolo viene nuovamente conferito ad una donna.
La questione gender e più in generale il tema delle donne non può solo affiorare all’interno di dibattiti, convegni e, faticosamente, con innumerevoli sforzi, all’interno di qualche legge o progetto di legge: c’è bisogno di dare contenuto al linguaggio in uso in tema di donne, facendo emergere più volti e più voci di donne all’interno dei contesti variegati della vita economica, lavorativa, sociale, politica.
La nomina di Irene Fellin costituisce non solo il traguardo di una lunga carriera professionale costellata di competenze e relazioni, bensì rappresenta il riscatto della società del domani, la società che non tratta solo “di donne” ma parla e vive “con le donne”.
Osservando le nuove generazioni si capisce che la questione gender non è un problema: i ragazzi e le ragazze di oggi non guardano ai gusti sessuali tout court, quanto piuttosto allo stare insieme, al vivere all’interno di una Comunità dove ognuno — donna o uomo — possa avere il suo ruolo, piccolo o grande, nel gioco della vita.
Occuparsi di pace e sicurezza, affidando anche alle donne la risoluzione di questioni strategiche, di difesa e di geopolitica, non significa militarizzare le Comunità, secondo le antiche concezioni di un mondo maschile che ha già disegnato una parte della Storia del mondo.
È tempo che si affaccino sul palcoscenico globale — nel mondo del lavoro e dell’economia, ma anche nel mondo della difesa e della sicurezza — volti di donna: perché la narrazione della Storia possa cambiare verso e possa ritrovare cammini inusitati di condivisione e nuove alleanze di pace che sappiano essere all’altezza dei giovani e delle giovani di oggi.
Pensando al domani e al dopodomani, i migliori auguri a Irene Fellin.