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Sanità Pnrr

Vi racconto (da medico) il connubio fra Intelligenza artificiale e umana nella sanità

Sanità in pillole (amare e dolci). Il blog di Stefano Biasioli

PREMESSA INDISPENSABILE

Chi scrive è un addetto ai lavori. Medico da oltre 50 anni, medico ospedaliero che ha fatto carriera: Assistente ed Aiuto a Vicenza, Primario (a Legnago, Verona) per oltre 24 anni, Capo Dipartimento per 3 anni. Pensionato da 10 anni, ma “pensionato attivo”. Medico e sindacalista medico autonomo, con responsabilità sia a livello regionale veneto (anni 1983-2009) che a livello nazionale (anni 1988-2009). Due specialità: nefrologia ed endocrinologia. Due specialità che implicano una forte dose di “curiosità clinica”, espressa in vari modi: articoli scientifici, testi tecnici e progetti di vario tipo (diagnostica specialistica computerizzata, ad esempio).

Curiosità clinica, condivisa con quella di Colleghi di diverse specialità, a partire dall’amico Renzo Schiavon, già Direttore dell’UOC di Medicina di Laboratorio, a Legnago.

Premessa lunga, ma indispensabile.

Un articolo: Corriere della Sera 13/02/19, pag.15, di Guido Santevecchi.

La lettura di questo articolo ha fatto sobbalzare sia me che il mio amico Renzo. Perché? Perché il paginone del Corsera è dedicato al “robot pediatra che batte i medici e trova la cura per le malattie e infezioni”.

Questo il titolo. Nei fatti, l’articolo descrive un programma di intelligenza artificiale, di un algoritmo sviluppato dalla equipe del Dr. Zhang Kang (UCLA) partendo dai dati riportati in 1,3 milioni di cartelle cliniche pediatriche. L’intelligenza artificiale, dice il medico, è basata su una rete neurale che rielabora i dati clinici e consente – in pediatria – diagnosi affidabilissime (nel 93-97% dei casi).

Noi 2, Stefano e Renzo, siamo sobbalzati. Perché? Perché da oltre 12 anni stiamo lavorando su un progetto analogo, che parte dai dati di laboratorio per “suggerire” una diagnosi clinica al medico curante. Dietro di noi, non c’è mai stato né il supporto della UCLA né quello che, a Pechino, ha portato al “Biomind”, un programma di intelligenza artificiale che ha diagnosticato correttamente l’87% dei 225 casi sottoposti ad indagine.

Ma, noi, immodestamente, abbiamo fatto di più, con un “iniziale e parziale” supporto della Regione Veneto (Ricerca Sanitaria Finalizzata, n° AG 284/07). Siamo così arrivati ad un primo passaggio (step): il calcolo del rischio clinico individuale e la gestione delle comorbidità mediche, da Noi chiamata “Soluzione SBC”.

Il passaggio successivo, e più faticoso, è stato quello di implementare circa 300 “regole mediche”, da applicare in automatico ad un classico set di parametri di laboratorio, per arrivare – tramite l’applicazione della logica fuzzy – ad una diagnosi clinica “suggerita”.

Abbiamo lavorato su oltre 1000 cartelle cliniche, arrivando a diagnosi “affidabili” nel 90% dei casi (ossia confermando nel 90% dei casi le diagnostiche dei Colleghi internisti) ma migliorandole almeno nel 5% dei casi.

Fatto questo step, abbiamo poi provveduto ad applicare le nostre regole (rules) ad altri 1000 pazienti, con risultati analoghi. Abbiamo chiamato questo progetto “DIS”, cioè diagnostic integrated system, ossia supporto diagnostico basato anche sui dati di laboratorio.

Nonostante il nostro tentativo di coinvolgere ancora la Regione Veneto e quella del Lazio (varie presentazioni fatte in Veneto e a Roma), il progetto non è stato compreso.

Non si è voluto capire che, in tempi di costi sanitari crescenti e di popolazione che invecchia, il “suggerimento diagnostico basato sulla collaborazione tra mente umana (che scrive le regole) e logica fuzzy o similare” consentirebbe di: ridurre i tempi diagnostici, ridurre gli esami da effettuare (contenendo i costi), evidenziare patologie “nascoste”, suggerite dalla logica fuzzy. La “diagnosi suggerita” consente infatti al medico curante sia di evitare esami inutili che di utilizzare (se lo desidera) i suggerimenti “associati alla diagnosi suggerita” per evidenziare ulteriori patologie, non evidenti sul piano clinico.

Evidenti le ulteriori implicazioni: ridotti tempi di degenza (circa 1 giorno di ricovero in meno); aspetti medico-legali; aspetti assicurativi; statistiche regionali e nazionali per patologia.

CONCLUSIONE

Pur se con mezzi limitati, puntiamo sulla nostra testardaggine per migliorare ancora il nostro progetto. Non siamo ne’ cinesi ne’ americani. Non abbiamo dietro le spalle la UCLA ma – in questi ultimi 3 anni – abbiamo avuto la conferma che le nostre idee/intuizioni, di noi clinici di periferia, sono condivise da altri clinici. I prossimi anni ci diranno se queste intuizioni avranno uno sbocco pratico. Se restassero sui nostri dischetti, sarebbe una occasione persa.

Non solo per noi, ma per ciò che resta del Ssn.

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