Agli Stati Uniti “di nuovo grandi” promessi, proposti, rivendicati e quant’altro da Donald Trump, che anche o soprattutto per questo ha riconquistato la Casa Bianca accusando i suoi predecessori di avere fatto regredire il loro paese, Giorgia Meloni nello studio ovale ha preferito la formula dell’Occidente” di nuovo grande”. Un obbiettivo da perseguire insieme: Trump e Meloni, gli stessi Stati Uniti e gli alleati fra i quali l’Italia è “speciale” per riconoscimento del presidente americano. Great again.
Rientra in questa prospettiva dell’Occidente di nuovo grande il viaggio in Italia proposto dalla premier al presidente degli Stati Unii per avere, fra l’altro, l’occasione intravista nelle sue parole di un incontro anche con la presidente della Commissione dell’Unione Europea. Un viaggio a breve, si è capito delle intenzioni della Meloni, anche se sulla data l’entourage di Trump non ha voluto sbilanciarsi.
Un Occidente di nuovo grande significa un Occidente più deciso a restare unito nella sua difesa. Cosa, questa, che non è minacciata tanto dai dazi quanto dal rischio, alimentato dall’approccio di Trump alla questione, di una pace in Ucraina, dopo più di tre anni di guerra, favorevole più a Putin che a Zelensky Più all’aggressore che all’aggredito, nella distinzione che la premier italiana ha tenuto a ribadire nella parte pubblica del confronto col presidente americano, quando entrambi si sono offerti alle domande dei giornalisti.
Di fronte alla distinzione fra aggressore e aggredito parlando della Russia e dell’Ucraina Trump si è guardato bene dal replicare contro la sua “fantastica” ospite, fra i pochi “leader mondiali” da lui apprezzati, la scenata riservata clamorosamente nella stessa Casa Bianca al presidente ucraino. Di cui tuttavia Trump ha ribadito la convinzione che abbia sbagliato. Ma ancora più sbaglierebbe Trump, nella convinzione della Meloni, se davvero consentisse a Putin di praticare un imperialismo non più sovietico ma addirittura zarista contro una terra che si sente europea, con una procedura in corso di adesione all’Unione, e che ha pagato con l’invasione l’aspirazione ad entrare anche nella Nato.
La missione della Meloni alla Casa Bianca è stata compiuta con “disciplina e onore”, si potrebbe dire parafrasando l’articolo 52 della Costituzione un po’ troppo abusato nelle polemiche politiche quando viene imbracciato come un’arma contro il presidente del Consiglio e i ministri di turno.
Gli effetti dell’incontro alla Casa Bianca si vedranno nei fatti, hanno detto con un certo scetticismo i meno aggressivi degli oppositori o critici del governo, considerando anche l’imprevedibilità di Trump. Ma la presidente del Consiglio è stata della schiettezza necessaria in un passaggio così difficile della congiuntura internazionale. Non è fuggita, come l’accusano nei giorni pari e dispari Giuseppe Conte ed Elly Schlein rincorrendosi nell’aspirazione a Palazzo Chigi, né si è nascosta dietro formule evanescenti.