Thomas Mackinson è un giornalista d’inchiesta del Fatto Quotidiano. Come è nata questa inchiesta? Che cosa ti ha insospettito nel curriculum della ministra Calderone?
Al momento della nomina della ministra, era ottobre 2022, da nessuna parte veniva indicato dove e quando si fosse laureata; i suoi curriculum riportavano genericamente una laurea in Economia.
Dopo un accesso agli atti sono emerse due lauree conseguite presso la Link Campus di Vincenzo Scotti, università già nota e sotto indagine per le cosiddette lauree facili, concesse anche a esponenti politici di vario colore.
Ho quindi richiesto copia dei diplomi e dei libretti d’esame, ma la risposta fu: “La ministra non è solita ostentare i pieni voti”.
Allora ho deciso di cercare da solo queste informazioni, scoprendo, dopo tre anni, una serie di elementi quantomeno singolari. Ecco come è iniziata l’indagine.
Cosa hai scoperto di strano nella sua laurea? Esiste una “pistola fumante” che dimostra irregolarità o ci sono soltanto molti indizi?
Non parliamo di irregolarità accertate, ma è anche vero che nessuno finora le aveva cercate. Io l’ho fatto e ieri sono stato accusato in aula dalla ministra di fare dossieraggio.
Tuttavia, non si capisce per quale motivo non si possa chiedere a un ministro della Repubblica italiana di mostrare i propri titoli di studio. Sicuramente nel caso della ministra Calderone ci sono numerose ombre.
La laurea triennale, come confermato dal ministero dell’Università, non compare nell’Anagrafe Nazionale dei Laureati, poiché è stata conseguita quando la Link rilasciava titoli di diritto maltese non riconosciuti in Italia.
Risulta poi che fosse contemporaneamente iscritta sia al corso triennale che al corso magistrale, oltre a essere contemporaneamente professoressa a contratto presso la stessa Link Campus.
Ci sono poi esami sostenuti a ritmo accelerato, svolti persino due volte nello stesso giorno, per di più di domenica.
Inoltre, dai documenti sui pagamenti risulta che abbia frequentato praticamente gratis, usufruendo di uno sconto del 50 per cento sulle rette, mentre risultano ancora da pagare circa 5.000 euro, come se non avesse versato nulla. Dietro tutto ciò emerge un’ombra di pesanti conflitti d’interesse.
Marina Calderone e il marito Rosario De Luca si sono scambiati la presidenza del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro, erano entrambi docenti alla Link e hanno fondato un’accademia del lavoro con relativi master.
Allo stesso tempo, l’ente previdenziale dei consulenti del lavoro aveva investito 15 milioni di euro in un fondo immobiliare per ristrutturare la sede della Link Campus, utilizzando i contributi versati dagli iscritti all’Ordine dei Consulenti del Lavoro.
Questa inchiesta conferma anche un problema più generale con l’Università Link Campus. Che cosa sappiamo e a che punto sono le indagini?
Esiste un filone d’indagine con al centro la Link Campus, che riguarda non tanto i titoli di studio quanto una serie di contratti di ricerca con aziende nei settori della logistica e della difesa.
Secondo la Guardia di Finanza e la Procura di Roma, questi contratti sarebbero stati fittizi, cioè simulati, al fine di ottenere crediti di imposta.
Il 19 giugno arriverà la sentenza del processo che vede alla sbarra, con accuse di associazione a delinquere, i vertici di allora della Link Campus, tra cui il fondatore Vincenzo Scotti e alcuni esponenti del sindacato di polizia Siulp, che avevano stipulato una convenzione con l’università per corsi di studio fortemente scontati. Anche in questo caso gli esami risultavano irregolari, svolti da un solo docente in sedi diverse da quella ufficiale.
Anche Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dei Consulenti del Lavoro, aveva sottoscritto una convenzione simile per tutti gli iscritti.
(Estratto da Appunti)