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Nomine Bruxelles

In Europa si picchia sull’Italia?

Che cosa succede in Europa con le nomine dei vertici e che cosa si dice in Italia. Il taccuino di Guiglia

 

Quando il gioco si fa duro, le istituzioni della Repubblica ritrovano l’unità d’intenti. Senza ricorrere all’impeto polemico della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo intervento in Parlamento alla vigilia della riunione del Consiglio europeo che oggi deciderà i nomi dei vertici dell’Ue, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha mandato un messaggio alto e chiaro al conclave dei 27 capi di Stato e di governo: “Non si può prescindere dall’Italia”.

Parole di particolare rilievo, perché espresse durante la colazione di lavoro che il Quirinale tiene sempre con gli esponenti del governo prima degli appuntamenti europei.

L’Italia è Paese fondatore dell’Ue e uno dei tre principali per forza economica e numero di abitanti. E’ naturale che l’attenzione di tutti i partiti sia ora rivolta all’accordo politico raggiunto fra popolari, socialisti e liberali per nominare la tedesca Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, il portoghese Antonio Costa presidente del Consiglio e l’estone Kaja Kallas Alto rappresentante (e più in là per riconfermare la maltese Roberta Metsola alla presidenza dell’Europarlamento).

Controversa, quest’intesa, secondo due diversi punti di vista.

Quello istituzionale, perché non prevede incarichi per gli italiani, anche a scapito del fatto che il Pd sia il primo partito nel gruppo socialista (non a caso girava la candidatura dell’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta).

Quello politico è invece sollevato, nei panni di leader della destra in Italia e dei conservatori in Europa, da Giorgia Meloni, che accusa la riedita “maggioranza Ursula” di non rispettare il risultato antiprogressista del voto europeo. “La logica del consenso viene scavalcata dai caminetti”, attacca. “Non faccio inciuci con la sinistra né a Roma né a Bruxelles”.

Replica l’opposizione al governo: attenzione a non isolare l’Italia.

Per evitare strappi, il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, chiede al suo gruppo del Ppe di aprire le porte ai conservatori -formazione con più eurodeputati dei liberali – e di sbarrarla ai verdi.

E qui si consuma la complicata trattativa tra famiglie politiche e rappresentanti di Stato, due realtà non sovrapponibili, eppur costrette a trovare una sintesi per dare una guida all’Europa. Dove l’Italia punta anche alla vicepresidenza della Commissione con un commissario di peso.

Ecco il perché del pacato, ma fermo richiamo del Quirinale e dell’aspra contesa, invece, da parte della presidente del Consiglio, che cerca almeno di condizionare la risicata maggioranza Ursula, destinata al voto segreto dell’Europarlamento. Già l’altra volta Ursula la spuntò per 9 voti, e oggi i consensi sono inferiori di ieri. Il sostegno dei conservatori aiuterebbe.

Un rompicapo su cui domenica si abbatterà il ciclone del voto francese, che vede favoriti Bardella-Le Pen. Una possibile svolta ancor più a destra.

(Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova)

www.federicoguiglia.com

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