Non c’è bisogno della sfera di cristallo per prevedere che quello che avviene negli Stati Uniti sarà l’argomento dominante dei prossimi mesi. Se ne parlerà senza sosta fino alle elezioni presidenziali di novembre e sicuramente anche dopo a seconda dei risultati del voto. Ma non è il solito scenario per la corsa alla Casa Bianca che si ripete ogni quattro anni. Con la presidenza Trump e dopo l’assalto al Campidoglio le vicende della politica interna americana non sono più viste soltanto con interesse ma anche con una buona dose di legittima preoccupazione. L’interrogativo inquietante che ci si pone è se qualcosa s’è rotto negli equilibri della nazione che vanta una leadership mondiale.
Per avere una risposta conviene leggere “Rapsodia americana. Viaggio nel cuore profondo degli Stati Uniti per capire il Paese che determina (ancora?) i destini del mondo” di Marco Bardazzi (Rizzoli, 288 pagine, 16 euro). Il titolo è già in sé un tocco di classe che poteva venire in mente soltanto a un attento conoscitore della storia e della cultura americane. Esattamente cento anni fa, nel gennaio del 1924, George Gershwin finiva di comporre la celeberrima “Rapsodia in blu” che, appena un mese dopo, viene suonata per la prima volta in pubblico alla Aeolian Hall. Non è solo un capolavoro musicale di cui celebrare giustamente il centenario. Nelle note della “Rapsodia” molti hanno riconosciuto la sintesi dell’America con le sue speranze e le sue contraddizioni, con la voglia di progresso e le tensioni sociali ed etniche. Ma soprattutto con la capacità di tenere insieme tutto questo superando non senza fatica di volta ogni difficoltà dalla grande depressione del 1929 alle guerre.
Il “viaggio” in America di Marco Bardazzi ripercorre di fatto un intero secolo per arrivare ai problemi di oggi. L’immagine definitiva che riesce a dare al lettore è che la vera grandezza degli Stati Uniti non è stata l’indiscutibile potenza economica o militare ma una singolare forma di coesione magari non troppo evidente e neppure rapida nel produrre buoni risultati che però alla fine sono sempre arrivati. Il problema se tutto questo vale per il passato o è ancora possibile nel presente. L’esplorazione di Bardazzi nel cuore profondo dell’America aiuta a comprendere che cosa mette a rischio gli equilibri. Il progresso ovvero l’innovazione tecnologica non ha eliminato le diseguaglianze. L’uno per cento della popolazione possiede il 32 per cento della ricchezza. La sola differenza è che adesso risiede nella Silicon Valley. Ma le incognite più gravi vengono dalla politica. E’ un’anomalia che un non repubblicano come Trump si sia di fatto impossessato del partito repubblicano. Né è tanto rassicurante che i democratici debbano affidarsi ancora all’ottuagenario Biden. Gli slogan roboanti in campagna elettorale serviranno a poco e i sondaggi che “Rapsodia americana” riporta dimostrano che quasi tutti gli ideali (dal patriottismo alla fede religiosa) sono in declino. Non resta altro che continuare a credere nel “sogno americano”. E quello, almeno finora, ha sempre funzionato.