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La Russa 25 Aprile

La destra e il 25 aprile

Se è vero che la destra italiana non mette in discussione i valori fondanti della Repubblica, allora il 25 aprile dovrà essere partecipe alle celebrazioni per l'Anniversario della liberazione d'Italia. L'intervento di Vincenzo Mattina

 

Gli atti di un Governo meritano sempre vigile attenzione, ma debbono essere oggetto di dialettica politica e, se necessario, di contestazione sociale nelle fasi di annuncio, impostazione e formalizzazione. I comportamenti dei suoi membri vanno, invece, valutati in tempo reale, ogni volta che si traducono in segnali di turbamento, che vadano a toccare i valori del patto costituzionale democratico voluto all’indomani di torsioni della storia, quali sono state la dittatura fascista e la seconda guerra mondiale.

Tra questi segnali vi è di sicuro il silenzio della Presidente Meloni sul centenario della marcia su Roma, atto di nascita della svolta che portò l’Italia a trasformarsi da monarchia costituzionale in dittatura, segnata da persecuzioni e delitti a danno dei dissidenti, da un modello politico fatto di imposizioni, divieti, cancellazione della libertà di pensiero e di stampa. A esso si ispirarono le svolte autoritarie in Spagna, Portogallo, e, con più forte comunanza ideologica, in Germania, precorrendo negli atti e nella visione l’alleanza successiva, con la conseguente adozione della più atroce discriminazione razziale che la storia dell’umanità rammenti.

A rendere più assordante il silenzio si è aggiunta l’intervista del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, a La Stampa del 30 ottobre u.s., in cui dichiara di essere “super partes e non celebrerà il 25 aprile”, in quanto per lui conta affermare tutti insieme “W l’Italia e superare fascismo e antifascismo”… perché quel che conta è la “pacificazione”.

Il sen. La Russa non è uno sprovveduto e non è comprensibile come possa considerare sul medesimo piano due fenomeni politici inesorabilmente contrapposti e del tutto alternativi.

L’atto di pacificazione, in ogni caso, fu fatto col decreto presidenziale 22 giugno 1946, n.4 dal Governo De Gasperi per iniziativa del ministro della giustizia Palmiro Togliatti, tant’è che il nome stesso del personaggio qualifica quell’amnistia più che la sua numerazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Quell’atto fu voluto dall’intero Governo, che era composto, oltre che da Alcide De Gasperi per la Democrazia Cristiana e Palmiro Togliatti per il Partito Comunista Italiano, anche  da Pietro Nenni per il Partito Socialista Italiano di Unità proletaria (poi P.S.I.), da Riccardo Lombardi e Ugo La Malfa per il Partito d’Azione, da Epicarmo Corbino per il Partito Liberale Italiano, da Enrico Molè per il Partito Democratico del Lavoro e da altri 18 membri sempre dei medesimi partiti con l’aggiunta di 2 militari di alto grado.

Quei partiti oggi non esistono più, anche se il loro lascito culturale è sempre vivo.

La data del 25 aprile è la pietra miliare del processo di liberazione dalla dittatura e dal nazi-fascismo. Va a migliaia di italiani, civili e militari, consapevoli di essere stati usati cinicamente in una guerra senza speranza e con motivazioni abiette, il merito di aver reagito con coraggio, facendosi carico della liberazione del Paese con il sostegno degli Alleati. Un ricordo per tutti va alla mobilitazione del popolo napoletano, che, in quattro giornate dal 27 al 30 settembre del 1943, riuscì a fare della sua città la prima in Europa a costringere la Wermacht alla ritirata e ad anticipare quel 25 aprile del 1945, giorno della liberazione di Milano, che segnò la definitiva sconfitta del nazifascismo.

Il 25 aprile è tutto ciò; è il passaggio storico che consentì l’elezione e la convocazione dell’Assemblea costituente nel 1946 e la successiva adozione nel 1948 della Costituzione, che resta un archetipo a livello mondiale e da cui trae legittimazione anche la svolta del 25 settembre 2022, con soddisfazione per una parte degli italiani, con amarezza per un’altra parte, con disorientamento per quel 40% di elettori/elettrici che ha rinunciato al voto; dinanzi si delinea la prospettiva di una dialettica serrata e intransigente.

L’ottimismo della volontà porta a confidare che la sua gestione da parte di aggregazioni politiche e sociali (Sindacati, Terzo settore) sia orientata alla comprensione delle mutazioni epocali in costante divenire e all’individuazione di obiettivi e azioni in grado di dominarle, facendo leva sulla migliore valorizzazione del capitale umano e non su modelli assistenzialistici o avventuristici. Ai primi si riporta di sicuro il reddito di cittadinanza nella formulazione adottata quando qualcuno lo battezzò strumento per l’abolizione della miseria; ai secondi si riferisce la propensione di uomini e donne del Governo Meloni a considerare le Istituzioni europee come una cassa in cui si attinge senza regole e sbattendo i pugni, caso mai al seguito di qualche neonata democrazia illiberale dell’Est, non come il grande progetto per portare l’ordine politico mondiale verso una condizione di stabilità, basato sulla diffusione della democrazia, sul controllo sociale dell’economia, sull’integrazione delle attività di ricerca e non più sui rapporti di forza militare.

Ne consegue che alla celebrazione del 25 aprile ci dobbiamo preparare con spirito di fratellanza nazionale ed europea; l’unica bandiera da far sventolare sarà quella dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia). È verde, bianca e rossa, come la bandiera nazionale, con al centro una stella che riproduce i medesimi colori; quella bandiera fu adottata nel 1797 dalla Repubblica Cispadana, poi, nel 1848, identificò il regno di Sardegna, con l’aggiunta lo scudo crociato dei Savoia al centro, mentre dal 1860 divenne il vessillo del Regno d’Italia; con la proclamazione della Repubblica nel 1946, lo stemma dei Savoia fu tolto e la bandiera tornò alla versione originaria.

La celebrazione del 25 aprile 2023 dovrà essere come non mai la più ricca per partecipazione, la più grande occasione di incontro popolare sui nostri valori costituzionali e dovrà, quindi, articolarsi in 7.904 iniziative locali, quanti sono i Comuni italiani. Se è vero che la destra italiana non mette in discussione i valori fondanti della Repubblica, dovrà esserne partecipe.

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