L’attesissimo film da 100 milioni di dollari della Warner Bros su Barbie in uscita in Italia il 20 luglio, diretto dalla regista statunitense Greta Gerwig e interpretato da Margot Robbie e Ryan Gosling, nei panni dell’immancabile Ken, non è solo leggerezza e ricordi d’infanzia, ma ha anche delle implicazioni geopolitiche, economiche e sociali.
Il Vietnam infatti lo ha messo al bando per le tensioni con Pechino sul Mar Cinese Meridionale, l’industria delle vernici ha risentito a livello mondiale della carenza di quella – ovviamente – rosa e si è aperto un dibattito su femminismo e capitalismo tra Gerwig e Robbie con il produttore esecutivo della Mattel Films, Robbie Brenner.
QUESTIONE DI GEOPOLITICA: LA LINEA DEI NOVE TRATTI
Il film su Barbie non sbarcherà in Vietnam. A darne la notizia, secondo quanto riferito da Quartz, è stato il sito web locale VnExpress che ha riportato le parole di Vi Kien Thanh, responsabile del Dipartimento del cinema del Paese, un ente governativo incaricato di concedere licenze o censurare i film stranieri.
La ragione è una scena del film in cui compare una mappa con la cosiddetta “linea dei nove tratti” (in inglese, nine-dash line), apparsa per la prima volta nel 1947 e creata dal partito Kuomintang, che all’epoca governava la Cina. Tale linea della discordia, infatti, raffigura le rivendicazioni unilaterali di Pechino sulle contese acque del Mar Cinese Meridionale, contestate da diversi governi tra cui quelli di Vietnam, Taiwan, Filippine, Indonesia e Malesia.
“Non concediamo la licenza per l’uscita del film americano Barbie in Vietnam perché contiene l’immagine offensiva della linea dei nove tratti”, ha dichiarato Vi Kien Thanh.
Le mappe riportanti la linea dei nove tratti, precisa Quartz, sono state dichiarate inutilizzabili nel 2016 dalla Corte permanente di arbitrato con sede all’Aia. Pechino chiaramente ha respinto la sentenza ma Hanoi non può ignorare che sulla mappa la Cina le sottrae anche zone che considera come propria piattaforma continentale e dove si trovano concessioni per l’estrazione del petrolio. Il Paese del sud-est asiatico, aggiunge Reuters, ha ripetutamente accusato le navi cinesi di violare la sua sovranità.
Ma prima di Gerwig, già altri registi in passato ci erano cascati. Nel 2019 il governo vietnamita ha ritirato il film d’animazione Abominable della DreamWorks e l’anno scorso ha vietato quello d’azione Unchartered della Sony per lo stesso motivo. Anche Netflix, nel 2021, ha rimosso la serie australiana Pine Gap.
LE INTERRUZIONI NELLA SUPPLY CHAIN E UN MONDO SENZA ROSA
Oltre all’aspetto geopolitico, il film su Barbie ha provocato un’altra “crisi”. Quella della vernice rosa fluorescente di Rosco. Come ha raccontato, infatti, la scenografa Sarah Greenwood, ne è stata necessaria una quantità tale da mandare in tilt il settore causandone una carenza a livello mondiale e per un po’ “il mondo ha esaurito il rosa”.
Tuttavia, in un’e-mail alla Cnn, Lauren Proud, vicepresidente del marketing e della digital experience di Rosco, ha aggiunto che i problemi sono stati legati anche alle difficoltà nella supply chain: “I set sono stati sviluppati in un periodo in cui stavamo ancora sperimentando i problemi della catena di approvvigionamento globale [a causa della pandemia, ndr], e la fornitura di vernici è stata particolarmente colpita. Abbiamo consegnato tutto quello che potevamo e loro hanno ricevuto tutto. Non vediamo l’ora di vedere come apparirà nel film!”.
Inoltre, il Los Angeles Times riferisce che l’azienda si stava ancora riprendendo dalla profonda gelata che ha colpito il Texas all’inizio del 2021 e che ha danneggiato i materiali utilizzati per creare la vernice.
UN FILM FEMMINISTA? FORSE, MA NON SOLO
“Se vi state chiedendo se Barbie sia una satira delle ambizioni capitalistiche di un’azienda produttrice di giocattoli, un duro atto d’accusa contro lo stato attuale delle relazioni tra i sessi, un tributo commovente, anche se a volte banale, al potere delle ragazze, o uno spettacolo musicale pieno di tormentoni di Nicki Minaj e Dua Lipa, la risposta è sì. Tutte queste cose. E non solo”, ha scritto il Time.
La stessa Robbie che è anche produttrice, oltre che protagonista, ha detto alla rivista britannica che “non è che lo sia o non lo sia [un film femminista, ndr]. È un film. È un film che contiene tantissime cose”.
I NUMERI DEL FILM E DI MATTEL
Intanto le stime statunitensi prevedono incassi per 55-85 milioni di dollari nel weekend di lancio del film e di 120-226 milioni di dollari di incasso totale negli States.
Ma il successo o meno della pellicola determinerà probabilmente anche quello dell’azienda di giocattoli Usa Mattel, i cui profitti sono indissolubilmente legati alla sua più iconica e controversa bambola Barbie, che dal suo debutto nel 1959 ha dovuto rinnovarsi per stare al passo con i tempi e superare gli stereotipi.
Basti pensare che nel 2015 le vendite di Barbie erano scese a 900 milioni di dollari, il minimo degli ultimi 25 anni, riferisce il Time. Questo ha reso necessario un cambio di rotta e, dopo aver introdotto una gamma più ampia di tonalità di pelle e di capelli per le bambole, aver lanciato tre nuovi tipi di corpo – tra cui la Barbie Curvy -, le vendite sono aumentate e hanno raggiunto il record di 1,7 miliardi di dollari nel 2021, prima di un piccolo crollo a livello industriale l’anno scorso.
E, quindi, come recita il trailer, che la si ami o la si odi, questo film sembra comunque fare per ognuno di noi.