Sapevo che prima o poi sarebbe avvenuto su quella giostra che è diventata la politica nel tempo dei partiti cosiddetti liquidi, apparentemente non più ideologici e neppure titolari di certi diritti che sembravano inalienabili per qualsiasi tipo di associazione, come avere degli iscritti e possederne le liste, e riservare a loro il diritto di scegliersi i dirigenti, senza affidarsi a “piattaforme” altrui o, con le primarie giustamente dileggiate dalla buonanima di Emanuele Macaluso, ai passanti davanti a un gazebo provvisti di un paio d’euro. Ma non pensavo che lo scambio delle parti sulla giostra potesse avvenire così scompostamente, a dir poco, nella generale indifferenza.
Ci hanno messo in croce in questa ma anche nelle precedenti legislature con la storia del cosiddetto sovranismo, equivalente al male assoluto. Dare del sovranista e anti-europeista a Matteo Salvini poteva e doveva bastare e avanzare per dirgli e dargli ben altro: “cazzaro”, “truce”, “autoritario” e via insultando. E da quando, sfiancato anche da questa caccia, e non solo per ragioni di ravvedimento, sincero o opportunistico, il capo della Lega ha cominciato a parlare diversamente dell’Europa, o ha cambiato le sue letture o frequentazioni, persino trovandosi d’accordo con un uomo di potere come Mario Draghi o con un filosofo come Marcello Pera, tutti stanno a lì a misurarne passi e parole, o a prendergli la temperatura come si fa in questi tempi di pandemia a chi entra in un ambulatorio o in un negozio.
Tra i diffidenti del passaggio di Salvini dal sovranismo all’europeismo, o a qualcosa che in qualche modo possa assomigliargli, c’è anche -fra un rimpianto e l’altro di Giuseppe Conte- il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. Che però, pur prendendosela questa volta più direttamente con Draghi e il “regimetto” che starebbe instaurando in Italia, non a caso dandola vinta nella dialettica della maggioranza più a Salvini che ad Enrico Letta, ha voluto cominciare a gridare anche lui che bisogna smetterla di andare appresso all’Europa.
Con un fanatismo del resto frequente nei casi di conversione, egli ha scritto ieri, o avvertito, come preferite, che i partiti hanno tutto il diritto di piantare e sventolare le loro “bandierine”. “Se troveranno buoni compromessi per le famose “riforme”, bene. Sennò si saluteranno, manderanno Draghi al Quirinale o dove vuole lui, e torneranno a votare per chi pare a noi. Non alla fantomatica “Europa”, che fra l’altro non ha fra i suoi compiti quello di insegnarci a votare”. Ben arrivato fra i sovranisti, o alla loro guida, visto il tradimento di Salvini e simili, caro il nostro direttore del Fatto Quotidiano.
Fra un anatema e l’altro il nuovo sovranista ha insinuato anche il timore che a furia di inseguire l’Europa sulla strada della “deregulation” si moltiplicheranno in Italia “stragi tipo Morandi e Mottarone”: il ponte crollato a Genova per la presunta sete di guadagni, o risparmi, dei Benetton, e la funivia che era appena costata la vita a 14 persone. Ma il giorno dopo, cioè oggi, povero il nostro sovranista, lo stesso Fatto Quotidiano ha dovuto correggere il suo direttore titolando in prima pagina che almeno la tragedia della funivia potrebbe essere stata causata da un errore umano, per un freno non guasto, o malamente mantenuto, ma non attivato. L’Europa con la sua “deregulation” e i soliti cretini che la inseguono, almeno stavolta non c’entra, grazie a Dio.