Probabilmente i leader della sinistra e dei Cinque Stelle, Elly Schlein del Pd, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs, e Giuseppe Conte dei Cinque Stelle, quando si presentarono a Genova in piazza per chiedere le dimissioni di Giovanni Toti da governatore ligure, dando vita a una delle pagine peggiori dell’uso politico della giustizia, mai avrebbero immaginato che l’estate dopo sulla graticola ci sarebbe stato il Pd, il maggior partito del loro campo largo.
Ma gli eredi di quell'”armata rossa” abituata a farsi largo da una trentina d’anni, anche cavalcando le inchieste giudiziarie che hanno colpito soprattutto i loro avversari politici, un’estate fa probabilmente si sentivano al riparo da ogni colpo giudiziario. Immuni da quella sorta di legge del contrappasso. Chissà, forse in nome della vecchia presunta “superiorità morale”. Mentre Toti, poiché agli arresti domiciliari non era neppure in condizione di poter rispondere, non si fecero scrupoli sull’uso delle parole, chiedendo le dimissioni del governatore poiché non bisognava “mandare anche la Liguria ai domiciliari”.
Ecco, un’estate dopo quella più che “militante”, come la definirono, forcaiola del 2024, per quanto altamente prevedibile, torna vistosamente alla ribalta il doppio registro che la sinistra usa con i suoi indagati, da Beppe Sala sindaco di Milano a Matteo Ricci ex sindaco di Pesaro, invitati, seppur con qualche imbarazzo, ad andare avanti.
Parole molto assolutorie ieri sono venute dalla stessa sindaco di Genova, Silvia Salis, secondo la quale, come i fatti dimostrano, queste inchieste finirebbero poi nel niente sul piano giudiziario. Ma non sembra sia esattamente così sul piano politico. La stessa Salis, che ora viene indicata come una futuribile leader di un’area o tenda che dir si voglia riformista del cosiddetto campo largo, senza lo tsunami giudiziario abbattutosi su Toti oggi non sarebbe sindaco di Genova. O forse non ci si ricorda più che Marco Bucci, il predecessore di Salis, interruppe il suo mandato perché candidato dal centrodestra in Regione, al posto di Toti, essendo ritenuto il più idoneo per mantenere la guida della Regione.
Le inchieste giudiziarie non sono quindi, per restare a Genova, finite esattamente in niente sul piano politico per il centrosinistra. Ma nella difficile estate giudiziaria della sinistra ora la principale preoccupazione sta nella tenuta dell’alleanza dove sembra svolgersi da tempo una gara tra chi è più estremista e massimalista. Con il rischio concreto, sul giustizialismo, che a fare i puri trovi sempre quello più puro che ti epura. Il vecchio adagio di Pietro Nenni sembra più vivo che mai di fronte agli attacchi e alle minacce in cui ora Conte con i suoi Cinque Stelle si esercita, nell’eterna gara con Schlein sulla futura premiership, a ogni indagine che riguarda gli alleati del Pd.