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Salvini

Il Berlusconi-pensiero su Ucraina, Putin e non solo

Che cosa ha detto Silvio Berlusconi alla convention di Forza Italia a Napoli. La nota di Paola Sacchi

 

A chi lo accusa di filo-putinismo e da sinistra gli consiglia (accade da quasi trent’anni) di ritirarsi dalla politica, Silvio Berlusconi a Napoli ribadisce il posizionamento euro-atlantico, dove “Forza Italia, che è il Ppe, è sempre stata”, pur sottolineando ora la necessità di uno sforzo diplomatico per la pace subito. Ma soprattutto Berlusconi lancia una forte stoccata. “Apprezzo molto l’atlantismo del Pd, ma ricordo che non sempre è stato cosi. Ricordo l’appoggio della sinistra all’invasione dell’Ungheria, ricordo la feroce opposizione fatta al governo Craxi per gli euromissili come efficace risposta ai missili sovietici puntati contro Occidente”.

È questa una delle più lunghe standing ovation che accompagnano il discorso dell’ex quattro volte premier, presidente di Forza Italia e fondatore del centrodestra, come il coordinatore, numero due azzurro, Antonio Tajani, ricorda.

Nel discorso sul palco di più di un’ora, pronunciato con toni netti e decisi, alla convention “L’Italia del futuro” partita a Roma più di un mese fa, Berlusconi sottolinea il punto focale della linea di politica estera del suo partito. Senza il cui ruolo centrale di “perno europeista, liberale, garantista”, ammonisce, “il centrodestra non può vincere. E invece il centrodestra dovrà vincere nel 2023”. Ribadisce, comunque, che il governo Draghi, “che per primi abbiamo voluto, per quello che di buono ha fatto, dovrà arrivare fino alla fine della legislatura”.

Ricorda a chi sui giornali ha sintetizzato le sue dichiarazioni di ieri tra la folla a Napoli su “ucraini che dovrebbero accettare le condizioni di Putin” – dichiarazioni nel complesso di un discorso articolato sulla soluzione diplomatica al più presto – con mega foto del passato accanto a Putin, che il suo partito è stato sempre “dalla parte della libertà, è il partito della libertà”.

Ribadisce, come aveva fatto a Roma all’hotel Parco dei Principi, dove si era detto “profondamente deluso da Putin“, che l’Ucraina “è il Paese aggredito”, per cui non può che essere per la libertà dell’Ucraina, e che FI “è sempre stata dalla parte dell’Occidente, dell’atlantismo, degli Stati Uniti d’America”. Ma, al tempo stesso, alla luce della fase che si apre, poiché la politica è sempre working in progress, afferma che assistiamo ora “a uno sviluppo incontrollato del conflitto”, che, allibito, assiste “al fatto stesso che si parli con facilità, a differenza di quanto accadeva nella guerra fredda, di uso del nucleare”.

Da qui il rilancio del negoziato. E l’apprezzamento dell’appello “per la pace del Papa”. Berlusconi rivendica di essere “un europeista convinto” – “noi siamo in Italia il Ppe, ringrazio il presidente a Strasburgo Manfred Weber di essere qui, accanto al suo vice, il nostro Tajani” – perché “nessun Paese nel mondo se la potrà cavare da solo”.

Ma fa una dura critica all’Europa, accusata di “non aver contato all’Onu in questa guerra”. Per cui rivendica di essere stato il primo a proporre un’Europa come soggetto politico e militare, dove almeno sulle questioni cruciali, basta con il voto all’unanimità, ma “voto a maggioranza qualificata”.

Berlusconi, che condanna ancora una volta “l’orrore” delle immagini dall’Ucraina” (evidente il riferimento su tutti a Bucha, ndr) ricorda la sua linea di politica estera da premier, fissata sull’asse atlantico, ma volta a portare Putin in un processo di sicurezza europeo. “Ho fatto stringere la mano a George W. Bush e Vladimir Putin. Un atto che segnò la fine della guerra fredda”.

Il presidente azzurro sottolinea “il pericolo della Cina” e quello che disse “a un mio amico” il leader: “Il comunismo deve essere globale”. Mette l’accento sul pericolo che la Cina diventerà, secondo le previsioni, “la prima potenza economica del mondo”. Quanto “a noi”, con forte preoccupazione, che gli fa quasi tremare la voce per un attimo, ricorda gli effetti del ricasco della crisi energetica e la tragedia, a cominciare dalla vicina Africa, del blocco del grano in Ucraina, i rischi di carestia per il continente africano (“dove i cinesi stanno facendo ampi investimenti”) e di flussi “di immigrazione fuori controllo da noi”.

La neo-eletta, senatrice di Fi Stefania Craxi, alla presidenza della commissione Esteri di Palazzo Madama, al posto del “filo-putiniano”, il pentastellato Vito Petrocelli, dal palco della convention ribadisce che “il nostro impegno è per la pace stabile e duratura, bene il piano italiano presentato all’Onu. Serve un’Europa politica, non dimentichiamo il Mediterraneo”. Afferma la Craxi: “Siamo una forza dalla ferma tradizione atlantica”. Stigmatizza: “Per un atlantismo della ragione, che figlia dal profondo amore per l’Italia e dall’appartenenza ai valori di un Occidente che deve trovare al suo interno le ragioni di una rinnovata unità d’azione e d’intenti”. Quanto al conflitto: “Stiamo raccontando ormai da tre mesi una guerra drammatica. La fermezza della nostra risposta, doverosa ancor prima che strategica, era ed è funzionale alla ricerca della pace e della sicurezza. È questo il nostro orizzonte, l’orizzonte di Berlusconi, quello che deve orientare e guidare gli sforzi dell’Italia e che unisce il Parlamento. Il piano di dialogo in quattro punti presentato dall’Italia all’ONU, che mira a dare una cornice di sistematicità agli sforzi profusi da tanti Paesi, è un punto di partenza importante, da sostenere ed arricchire”. Per cui, “il conflitto russo-ucraino, su cui Forza Italia e il suo Presidente Berlusconi hanno da subito avuto parole di ferma e chiara condanna, ha appalesato però anche la necessità di costruire l’Europa che non c’è e di cui si sente il bisogno. C’è un vuoto da colmare. Serve un’Europa della politica, che torni a guardare al Mediterraneo dopo anni di colpevole distrazione, un’Europa in cui il nostro Paese sia attore protagonista, capace di svolgere un ruolo e una funzione positiva e propositiva, senza complessi e subalternità”.

Applausi alla neo-presidente Esteri del Senato. E applausi a conclusione della convention, dove le donne hanno avuto ruoli da protagoniste, per la presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Alberti Casellati, seduta in prima fila, che viene da FI, come ha ricordato Berlusconi, ringraziandola “di essere oggi qui con noi”.

Ma il Cavaliere non ha trascurato ampi passaggi sulla politica italiana, che sono la cifra distintiva, per la quale fondò FI nel 1994, che segnano il confine dalla sinistra. I punti dirimenti sono: no all'”oppressione fiscale”, sì a una vera riforma della giustizia. Ricorda di essere stato “eliminato dalla politica con un voto del Senato”, i suoi “101 processi”, in un Paese “dove niente ti potrà risarcire dopo essere stato ingiustamente accusato” e tantissimi processi che dopo molti anni finiscono con l’assoluzione.

Insomma, duro attacco alla gogna mediatico-giudiziaria. Che “spazzò via l’intera classe dirigente al governo della Prima Repubblica”, aveva ricordato proprio ieri con una nota da Arcore. Fa appello contro “l’oppressione giudiziaria” a andare a votare ai referendum.

Ma, a dispetto di chi gli chiede a sinistra di ritirarsi, conclude ribadendo che lui “resta in campo”, anzi, è “ridisceso in campo”: “Forza Italia dovrà crescere. Andrò ai comizi, tornerò in tv”. E per conquistare quei milioni di indecisi “che si dichiarano moderati e anticomunisti”, rifonderà “i club”, “chi ci crede, vince!”. Chiude con lo slogan del 1994.

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