Caro direttore,
so che su Start Magazine vi occupate poco di politica, perché avete le competenze per occuparvi di cose più serie (in effetti nel 2024 in Italia, un argomento deve rispettare pochi canoni per essere più serio della politica. Ahinoi) e ancora meno di cronaca.
Tuttavia vorrei proporti una breve riflessione su come un dibattito politico di cattiva qualità produca, nella vita di tutti i giorni, danni che a breve saranno irreparabili.
Parto da un fatto di cronaca che mi ha molto colpito: in pieno centro a Roma, tra palazzi istituzionali, una donna è stata fatta oggetto di violenza da un uomo senza fissa dimora, che non ha diritto di trovarsi in Italia, che ha già alle spalle delle condanne per spaccio.
Accade in una “infrastruttura” cittadina che è un monumento all’abbandono: un sottopasso pedonale che funge da fermata degli autobus, occupato per la maggior parte del tempo da senza fissa dimora. Descriverlo non rende l’idea, bisogna passarci e respirarne l’aria per capire. Non è degno di un Paese che voglia dirsi civile.
Ricapitolando abbiamo un clandestino pregiudicato che stupra una donna in una “grey zone” in pieno centro nella capitale d’Italia.
Mi pare chiaro che si tratti di un problema serio e come dicevo a breve irrisolvibile di controllo del territorio. Che non si fa con i soldati di “Strade sicure” che stazionano davanti a questo o quell’obiettivo sensibile (perdendo nel frattempo capacità operative che un soldato dovrebbe avere).
Si fa con le forze dell’ordine. Con il Ministero dell’Interno. Con le infrastrutture cittadine come (banalmente!) illuminazione o videosorveglianza. Si fa, come insegna la teoria sociologica delle “Finestre rotte” (Broken windows theory) con la manutenzione. Si fa con le carceri, perché è un fatto che il lassismo con il quale (non) si perseguono certi reati, nonostante l’allarme sociale che generano, è figlio della difficile gestione dei fermati, degli arrestati e dei condannati causata da carceri sovraffollate.
E poi – ça va sans dire – si fa con leggi e procedure che funzionino.
Nel dibattito politico di questi temi non c’è traccia. Non una parola nei talk show che nel frattempo si sono moltiplicati a dismisura. Non una riga sui giornali. Non mi pare che, nelle ricostruzioni dei “bene informati” il Ministro Piantedosi sia uno di quelli destinati a saltare in caso di rimpasto.
Su questo argomento, da destra annunceranno in pompa magna l’istituzione di nuovi reati e inasprimento delle pene, che senza controllo del territorio rimangono sulla carta, mentre da sinistra continueranno a gridare alla repressione. Come fanno da 50 anni ogni volta che qualcuno prova a chiedere il rispetto delle leggi.
Ovvero continueranno a fare quello che stanno facendo sui Decreti Sicurezza.
Ci sarà anche chi farà di peggio, provando a legare eventi tragici come questo al dibattito sulle leggi per la cittadinanza. Tanto per provare a “buttarla in caciara”.
E il dibattito politico continuerà ad arrotolarsi intorno a se stesso senza neppure scalfire il cuore del problema. Ora che lo scrivo mi viene un dubbio: non sarà anche un po’ colpa del giornalismo politico?
Giacomo di Mola