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Primo Maggio

Il 25 Aprile tra ricordi, valori e domande

Il taccuino di suor Anna Monia Alfieri

 

Il 25 aprile, il 2 giugno, il 16 marzo, il 9 maggio sono date che ogni italiano deve ricordare. Soprattutto, ogni italiano deve conoscere il motivo che sta dietro il ricordo. Quattro date, quattro eventi che hanno segnato, nel bene e nel male, la nostra storia comune, eventi che devono farci percepire un senso di comune appartenenza.

La liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la nascita della Repubblica, la strage di via Fani, il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro impietosamente abbandonato nel baule di una macchina sono tutti episodi che vanno ricordati; purtroppo, spesso, lo sappiamo, essi vengono dimenticati a causa di un disinteresse generato da tanta ignoranza.

Ovviamente, nel ricordo degli eventi sopra richiamati, si inserisce il ricordo di tante altre morti, di tante altre stragi e uccisioni di cui la nostra storia repubblicana è tristemente intessuta.
Ricordare, certamente, significa tornare indietro con la memoria, tentare di immaginare di vivere quei momenti e chiedersi: io, se fossi vissuto in quegli anni, cosa avrei fatto? Con chi mi sarei schierato? Soprattutto, avrei avuto il coraggio di schierarmi? Occorre farsi queste domande perché la storia è fatta dagli uomini e dalle donne che, chiamati a vivere in una determinata epoca, compiono ogni giorno determinate scelte e queste scelte, nel piccolo come nel grande, cambiano la storia. Se mi fossi trovato a vivere dopo l’8 settembre del 1943 cosa avrei fatto? Se un mio amico fosse stato arrestato perché partigiano, lo sarei andato a trovare in carcere? Avrei avuto il coraggio di difenderlo davanti al podestà del mio paese?

Purtroppo, per ovvie ragioni legate al trascorrere del tempo, chi ha veramente vissuto quegli anni tremendi non è più tra noi. Sono nata in Puglia, regione che, pur nelle difficoltà della guerra, non ha vissuto l’occupazione tedesca. Quando sono arrivata a Milano per entrare in Congregazione, mi piaceva ascoltare i racconti delle consorelle più anziane che quegli eventi avevano vissuto, con gli sfollamenti, con la responsabilità di custodire le allieve e garantire quella che oggi chiameremmo continuità didattica.

Ricordo le celebrazioni del 25 aprile di qualche anno fa, con i combattenti e i reduci, con chi aveva preso parte direttamente alle azioni partigiane contro i soldati tedeschi distaccati nelle campagne della Brianza. Bello anche risentire le interviste di quegli uomini e di quelle donne che, pur nella diversità delle scelte politiche, cattolici, comunisti, socialisti, si ritrovavano nel ricordo della comune battaglia.
Allora si riascoltavano i ricordi di quei giovani iscritti all’Azione Cattolica che condividevano la stessa cella con i loro coetanei comunisti, di quei sacerdoti che nascondevano i loro ragazzi nel confessionale perché non venissero deportati in Germania o che affrontavano mille pericoli pur di portare i conforti religiosi ai giovani che si erano dati alla macchia; il racconto di quel sacerdote che, celebrando la sua prima Messa, pensava ad un altro sacrificio, quello del fratello morto nel campo di concentramento di Osnabruck; ancora di quelle donne che, rimaste sole, oltre al pensiero della povertà, dovevano pensare a difendere il proprio onore e quello delle loro figlie di fronte alla meschinità di certi uomini.

Dire che il confronto con l’Italia attuale è impietoso sarebbe troppo facile, oltre che scontato. Piuttosto, al di là di ogni vuota retorica legata alla circostanza, occorre che tutti, a qualsiasi età, riprendiamo in mano i libri di storia e ci poniamo la domanda: io cosa avrei fatto? Io cosa faccio oggi perché il sacrificio di chi mi ha preceduto non sia vano? Credo che oggi si sia confuso il significato da attribuire all’aggettivo civile: civile non è solo chi rispetta l’ambiente, si batte per questo o per quel diritto. Cose tutte sacrosante, non fraintendiamo. Se, tuttavia, andiamo più a fondo, se ci pensiamo bene, civile ha a che fare con il cittadino, quindi con l’umano, con il rispetto che si deve alla persona che ha una sua sacralità, a prescindere dal nostro credo.

Se determinate atrocità sono state perpetrate, ciò è avvenuto perché ci si è dimenticati di tale sacralità, la si è calpestata. Lo stesso avviene oggi, e non alludo solamente al conflitto in Ucraina. E’ l’uomo che fa la differenza con le scelte che compie ogni giorno. Un esempio tratto dalla storia di quegli anni. Umberto II: davanti al risultato del referendum cosa ha fatto? Ha ascoltato chi gli consigliava di impugnarne il risultato con il pericolo, quanto mai reale, di gettare l’Italia in una guerra civile tra repubblicani e monarchici? Niente affatto! Al contrario, ha accettato il risultato delle urne e, senza alcun commento, dopo essersi recato in Vaticano a salutare il Papa e l’allora Sostituto alla Segreteria di Stato Montini, ha preso un aereo e si è recato in esilio. Ecco, un esempio tra i tanti che si possono citare: scelte di bene compiute nella drammaticità di certe ore della storia.

Allora il 25 aprile come tutte le altre ricorrenze del nostro calendario civile ci devono richiamare sempre la nostra responsabilità personale, ci devono richiamare sempre la stessa domanda: io cosa avrei fatto?

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