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Ignazio La Russa, l’uomo che non riesce a tacere mai

Il problema di La Russa - peraltro seconda carica dello Stato - non è tanto l'errore di inopportunità, quanto la logorrea cronica che, dopo aver capito, lo induce a rimediare continuando a dire di avere sbagliato in buona fede. Il corsivo di Battista Falconi

 

La vicenda – meglio: la telenovela – di Ignazio La Russa è un classico alleggerimento estivo. La questione non ha più nulla di drammatico, ormai ha decisamente virato sull’umorismo.

Come ha sempre fatto, anche ieri il presidente del Senato è caduto nell’ossimoro inevitabile di chi dice “sto zitto” e, quando parla, contraddice ciò che afferma. Uno di quegli inganni retorici amati dagli studiosi di logica, come il paradosso del bugiardo cretese, il quale affermava appunto che tutti i cretesi lo sono ma, così, mentiva egli stesso.

Il vizietto di La Russa, il peccato (veniale se parlassimo di un signore qualunque) era noto quantomeno dalla precedente vicenda politico mediatica che l’ha travolto: quella sulla strage di via Rasella che provocò la rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Anche allora si infilò da solo in una clamorosa gaffe nella quale, per provare ad affermare in modo molto maldestro un pizzico di verità storica, cadde nel pantano delle ambiguità, dei fraintendimenti e delle inevitabili distorsioni operate sulle sue parole da chi lo vuole attaccare politicamente. Si sa che, una volta finiti in un pantano, soprattutto se fecale, bisogna immobilizzarsi se non si vuole spargere il fetore. E quanti gli vogliono bene pensarono: ma perché non lascia dire queste cose ad altri, per esempio a un bravo storico revisionista?

Il problema di La Russa non è però tanto l’errore di inopportunità, quanto la logorrea cronica che, dopo aver capito, lo induce a rimediare continuando a dire di avere sbagliato in buona fede. Cosa che in quel frangente fece, tra l’altro, in un’esilarante “non intervista” che il perfido giornalista, dopo averlo inchiodato nell’angolo, rese sul suo giornale principiandola con il virgolettato: “Basta non parlerò più”. Incipit regolarmente smentito dal prosieguo delle dichiarazioni.

Le stesse cose sono più o meno accadute per quanto riguarda il controverso rapporto del senatore con il Movimento Sociale e, dunque, la sua attendibilità e affidabilità democratica rispetto al fascismo e al neofascismo. La persona, ricordiamo, è il vice del Presidente della Repubblica e proprio a Sergio Mattarella abbiamo subito pensato, con malcelato divertimento, quando è scoppiato l’affaire di Apache, il figlio sospettato a livello giudiziario di violenza carnale.

Qui l’errore di logorrea è stato appesantito dall’aggravante di un precedente che avrebbe dovuto indurlo a più miti consigli. Un caso ancora nella memoria di tutti che aveva chiaramente mostrato come, per un personaggio pubblico il cui figlio è sospettato di stupro, l’unico modo per non uscirne sia rilasciare dichiarazioni innocentiste e valutazioni che, se non sono, appaiono accuse alla presunta vittima della presunta violenza.

La Russa, benché sapesse perfettamente cosa sarebbe successo, ha replicato in fotocopia la scenetta di Beppe Grillo. E le cose sono inevitabilmente andate nello stesso modo, con la differenza che mentre Grillo è famosissimo fondatore di un partito (che peraltro poggia sul giustizialismo come su uno dei suoi perni fondamentali), Gnazio ricopre una carica non politica ma istituzionale. La seconda dello Stato.

Quando fu eletto a questo altissimo scranno si levarono corali proteste da quanti sospettano che nel fondo delle sue convinzioni La Russa sia ancora un po’ fascista. Ma su questo sorvoliamo. Chi invece lo conosce e magari sta dalla sua stessa parte politica aveva ben altro timore, cioè che anche da presidente del Senato continuasse ad aprire la bocca e darle fiato. Il suo parlare compulsivo, irrefrenabile e incurabile è incompatibile con una carica che richiede riservatezza, prudenza, cautela, discrezione. Quello a capo di Palazzo Madama non è posto adatto a persone che amano la ribalta. Vedasi Lorenzo Fontana, presidente della Camera eletto anch’egli con forti pregiudizi contrari per le sue posizioni di cattolicesimo integralista, che ha finora condotto i propri compiti con esemplare tranquillità, tenendosi sottotraccia. Come è opportuno quando si fanno certi mestieri.

Da Gnazio arriva adesso un nuovo profluvio, l’ennesima alluvione verbale. Ancora parole, parole, parole contraddittorie. La lettura dei titoli che ne riportano le dichiarazioni sulla rassegna stampa odierna è surreale: “Non direi più quella frase su mio figlio”, “Non ripeterei quelle frasi”, “Non rifarei quelle dichiarazioni”,  “Non rifarei la nota”, “Non direi più quelle frasi”, Il mea culpa, La Russa si pente, La Russa sul figlio: “Gli credo ma oggi non ridirei quelle parole”, La Russa chiarisce le parole sul figlio: “Non ho mai voluto attaccare la ragazza”, La Russa pentito: “Sbagliai a parlare. Credo a mio figlio”, Il mini Vietnam di La Russa: “Errore la frase su mio figlio”, “La retromarcia di Ignazio: “Non rifarei la dichiarazione”.

Ma non devi fare retromarcia, tanto sbatti comunque. Devi stare fermo. E zitto.

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