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Giorgetti

I subbugli in Forza Italia

Che cosa dice e che cosa fa capire l'azzurro Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, su Forza Italia, Meloni, La Russa e non solo. I Graffi di Damato

Cinquantacinque anni da compiere il 25 aprile, festa della Liberazione, vice presidente forzista della Camera, già sottosegretario alla Difesa nel governo di Mario Draghi, ancora più indietro negli anni direttore di Panorama, orgogliosamente siciliano di origini, Giorgio Mulè ha voluto liberarsi di ogni scrupolo parlando alla Stampa e al Secolo XIX dell’assai presunta, secondo lui, svolta “governista” a favore di Giorgia Meloni, impressa al suo partito da Silvio Berlusconi prima del ricovero tuttora in corso in terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano.

“Le professioni di fede in questo momento – ha detto Mulè parlando della Pasqua appena festeggiata – devono essere concentrate solo in una direzione: Berlusconi si ristabilisce e tornerà a essere il leone che abbiamo sempre conosciuto. Tutte le altre professioni di fede, come ad esempio la fedeltà al governo Meloni, sono dissonanti”. “Il nostro appoggio  -ha precisato il vice presidente della Camera – esiste già, è inutile ripeterlo in continuazione. Non è mai venuto meno”, neppure quando lui stesso ha creato qualche problema nella maggioranza con polemiche rintuzzate con un certo fastidio dalla presidente del Consiglio, ma ancor più dal presidente del Senato Ignazio La Russa. La cui “antipatia” sottolineata dall’intervistatore Francesco Olivo è ampiamente ricambiata. “Se lui avesse idea di quanto importa a me di stargli antipatico, avrebbe idea dell’immensità”, ha detto Mulè giudicando poi così il modo in cui la seconda carica dello Stato sta esercitando il proprio ruolo: “I silenzi e gli imbarazzi dei suoi colleghi di partito riguardo alle sue posizioni la dicono lunga. Le istituzioni sono sacre”. E La Russa evidentemente non le sta trattando come meritano e “come io nel mio piccolo provo a fare tutti i giorni”, ha rivendicato il vice presidente di Montecitorio non rendendosi forse conto di contribuire anche lui con questa polemica personale a trattarle male.

Per quanto gestita con una certa prudenza, pubblicata a pagina 8 da entrambi i giornali senza un richiamo in prima pagina che forse avrebbe meritato per l’attenzione quasi spasmodica che l’informazione riserva alla salute di Berlusconi ma anche a quella della sua creatura politica, l’intervista di Mulè è liquidatoria anche rispetto ai cambiamenti intervenuti nel partito per decisione personale del fondatore, fra i quali la sostituzione del capogruppo della Camera Alessandro Cattaneo e una certa provvisorietà della capogruppo al Senato Licia Ronzulli. “Questa -ha detto Mulè- è una vicenda di cui ancora bisogna scrivere la storia. Alessandro e Licia altro non hanno fatto che essere la voce parlante di Berlusconi. Non sarà il cambio di un assetto a determinare la mutazione del nostro codice genetico”. Che – ha detto Mulé in un altro passaggio – va difeso “nella coalizione” di governo, “nonostante i rapporti di forza che ci darebbero perdenti”, e i tentativi di considerare i forzisti dei “replicanti” del partito della Meloni.

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