Dalla guerra in Medio Oriente alle minacce su Taiwan il continente asiatico è quotidianamente al centro delle preoccupazioni mondiali. Ma alle paure di oggi si potrebbe aggiungere un lungo elenco di focolai di tensione mai spenti: dal regime dei talebani in Afghanistan al potere dittatoriale dei militari in Birmania fino agli incidenti di frontiera fra le due Coree. Perfino l’India di cui si esalta spesso la crescita economica non riesce a nascondere del tutto le frequenti violenze verso le minoranze religiose.
La sensazione complessiva è che di tutto questo si parla soltanto quando accade qualcosa andando a rimorchio dell’attualità. E in pratica senza mai comprendere davvero che cosa stia avvenendo in Asia. Forse è un po’ un retaggio di un’antiquata mentalità occidentale considerarlo un continente fermo nel tempo: come se tutti gli indiani avessero il turbante e tutti i giapponesi indossassero il kimono.
La realtà è radicalmente diversa. Simone Pieranni con “2100. Come sarà l’Asia, come saremo noi” (Mondadori, 192 pagine, 18,50 euro) racconta le grandi trasformazioni in corso e le conseguenze che queste comportano. È sicuramente un reportage di una sorta di viaggio che attraversa tutto il continente ma è anche una testimonianza in prima persona perché Pieranni, a differenza di molti altri autori, ha vissuto in Asia per quasi un decennio e grazie a questa approfondita conoscenza è in grado di descriverne tutte le sfaccettature.
Catturano l’attenzione del lettore le grandi differenze fra i vari paesi. Singapore sembra paragonabile alla Svizzera dove tutto funziona come un orologio. Non soltanto come ricchezza ma anche come sensibilità verso nuove esigenze. Per esempio, è a Singapore che è stata approvata la prima legge contro le fake news. Paesi per molti aspetti moderni come la Tailandia non si sono affrancati dalla pratica del nepotismo nel potere politico che passa abitualmente di padre in figlio. Suscita curiosità leggere come in Cambogia un leader dei famigerati khmer rossi si sia trasformato in un monarca.
La riflessione più interessante che scaturisce da “2100” è che in fondo l’Asia non è così lontana dall’Occidente come si crede. Gli argomenti di cui si discute sono sostanzialmente gli stessi su cui ci si sta confrontando in Europa o in America: dal cambiamento climatico all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, dalle nuove tecnologie della medicina sino all’alimentazione del futuro. Analoghi, in molti casi, sono anche i problemi: dai pericoli per la privacy al riconoscimento delle diversità fino alla condizione femminile.
La feroce discriminazione dei talebani verso le donne è ben nota. Male comune può essere anche la questione demografica. Certamente non per l’India, in piena espansione anche da questo punto di vista. Ma è invece un problema drammatico per il Giappone che in prospettiva deve accogliere un maggior numero di immigrati per avere sufficiente forza-lavoro.
Leggendo “2100” si scopre in che maniera l’Asia sta affrontando quei problemi che in gran parte sono anche i nostri. L’Occidente non potrà forse risolverli allo stesso modo ma conviene esserne a conoscenza magari anche, come scrive Pieranni, per non ripetere gli stessi errori.