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I piani di Tajani per Forza Italia

Che cosa ha detto Antonio Tajani, eletto segretario nazionale di Forza Italia dal congresso del movimento fondato da Silvio Berlusconi

“Non sarà un’avventura”, canta Lucio Battisti dagli altoparlanti poco dopo le 5 della sera al Palazzo dei Congressi dell’Eur quando Antonio Tajani viene eletto segretario dal congresso, il primo dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi. Il segretario nazionale (la carica di presidente è abolita, resta sul simbolo solo per Silvio Berlusconi) viene eletto per acclamazione, all’unanimità, in uno sventolio di cartellini. No, non sarà un’avventura.

Puntualmente sballati tutti i retroscena e le previsioni che vedevano in Tajani un segretario di transizione, un re travicello, dopo la prima elezione a segretario del luglio scorso al consiglio nazionale un mese dopo la scomparsa del Cavaliere. Azzeccato, invece, il parallelismo, con tutte le differenze del caso, sul fatto che gli osservatori sbagliarono su Tajani come su Craxi quando videro nel Midas sempre di luglio l’avvento di una segreteria di transizione. Lo disse subito Stefania Craxi, senatrice azzurra, presidente della commissione Esteri-Difesa, fresca di nomina nella segreteria di Forza Italia, dell’era Tajani, sostenitrice di “un riformismo razionale”. Con lei in segreteria anche nuovi ingressi come il sindaco di Ancona Daniele Silvetti che ha sfondato il muro rosso del capoluogo marchigiano.

Il territorio. È il chiodo fisso del neosegretario che ricorda l’imperativo del presidente-fondatore: Forza Italia in ogni Comune. All’unanimità eletti i quattro vicesegretari nazionali: Deborah Bergamini, deputata, responsabile dipartimento Esteri; Alberto Cirio, presidente del Piemonte, Roberto Occhiuto, presidente della Calabria, Stefano Benigni, capo dei giovani azzurri, che riceve solo un voto contrario. Bergamini, storica ex stretta collaboratrice del Cav, diventa la vicesegretaria più anziana.

Avendo deciso di non andare alla conta vera e propria non c’è un vicesegretario vicario. Quanto all’unico parere contrario per Benigni, ritenuto in quota Marta Fascina, la deputata ex compagna del Cav, assente all’Eur, Il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri al tavolo sul palco con l’omologo alla Camera Paolo Barelli e al gruppo in Europa, Fulvio Martusciello, scherza: “È uno, andassero sempre così le cose nella vita!”.

Tajani acclamato con una lunga e commossa standing ovation ricorda subito che lui non è l’insostituibile e irripetibile Silvio-Maradona, ma promette: “Ce la metterò tutta”. Coriaceo e risoluto, pacato, non aduso a battute e sceneggiate, piedi ben piantati per terra, impassibile in tutti questi mesi a sfottò un po’ pirotecnici di Matteo Renzi che aveva celebrato troppo presto i funerali politici azzurri, Tajani, come tutta la sua carriera dimostra, fatta per gran parte nell’agone non semplicissimo dei vertici europei, tira dritto con “Il passo dell’alpino”. Quello stesso “passo dell’alpino” con il quale definisce “la nostra costante crescita”, di cui parlano i sondaggi.

Agli alleati Tajani manda subito un chiaro messaggio: “Da noi non avranno mai nulla da temere, ma nessuno ci chieda di rinunciare alla nostra identità”. Identità che è quella del partito del ceto medio, della borghesia imprenditoriale, delle partite Iva, il partito che “basta aumento della pressione fiscale, no a patrimoniali e nuove tasse sulla casa”. Il partito principe del garantismo: separazione delle carriere. Il partito liberale, in memoria e a difesa della “voce di libertà di Navalny” e europeista ma che non dice che in Europa va tutto bene madama la marchesa. Come del resto afferma la stessa Roberta Metsola, presidente del Parlamento Europeo, venuta a Roma a rendere omaggio al “mio amico Antonio”, suo predecessore a Strasburgo e a omaggiare Berlusconi, che “ha cambiato gli ultimi trent’anni della politica italiana”. I vertici del Partito Popolare Europeo, il primo in Europa, e della Ue, da Ursula von der Leyen a Metsola, al presidente del Ppe, Manfred Weber, al leader spagnolo dei Popolari Fejio, a Antonio Lopez sempre del Ppe in Spagna hanno tutti gli occhi puntati su Roma-Eur. Un messaggio al nuovo leader azzurro, vicepremier e ministro degli Esteri arriva anche dal premier greco Mitsotakis.

Tajani sottolinea che un’attenzione così forte da Bruxelles è il termometro dello stato di salute di FI il cui ruolo è quello di essere un collegamento prezioso tra Italia e Europa per cambiare le cose e migliorarle. Dare alle Europee più potere a FI, espressione in Italia del Ppe, significa, spiega Tajani, avere più influenza per battere chi “in nome dell’ambientalismo vuol fare carne di porco dell’ industria e della nostra agricoltura”.

Quanto alla situazione interna, il segretario azzurro annuncia che i primi messaggi di felicitazioni ricevuti sono stati quelli di Marina e Pier Silvio Berlusconi. Ulteriore dimostrazione del sostegno per quella che è stata “la più bella creatura di Berlusconi”.

Il segretario azzurro manda un messaggio di deferenza al Capo dello Stato: “Forza Italia è stata sempre rispettosa delle istituzioni e delle regole”. Ma non manca di dire con un garbato distinguo la sua Tajani sugli episodi delle manifestazioni studentesche di ieri, dopo il duro monito di Sergio Mattarella secondo cui “l’autorevolezza non si misura con i manganelli”. Monito evidentemente rivolto al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e subito fatto proprio dalla sinistra. Ma Tajani sottolinea: “Se ci sono tre o quattro che hanno sbagliato, siano individuati e puniti ma nel Paese del diritto no a processi a poliziotti e carabinieri, a quelle forze dell’ordine che rischiano ogni giorno la vita per quattro soldi. Che vengono umiliati e insultati come quel carabiniere che rimase immobile per un quarto d’ora di fronte agli insulti di un no-tav o quel poliziotto lo stesso immobile di fronte a un no-vax che lo aggrediva”.

“Sono figli del popolo e non di radical-chic”, si infervora Tajani che ricorda le parole di Pier Paolo Pasolini a Valle Giulia a difesa dei poliziotti. “Io sono figlio di un militare e queste cose le dico con tutto il cuore”, chiosa il segretario azzurro.

Poi, no alla cannabis, “non sono d’accordo con Elly Schlein (segretaria del Pd, ndr), non mi sono mai fatto una canna in vita mia”. Lo applaudono i vicepresidenti di Camera e Senato Giorgio Mulè e Licia Ronzulli, l’ex capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo, ora capo dei Dipartimenti, coloro che erano stati ascritti nel novero degli avversari. Ronzulli lo invita a valorizzare tutte le specificità, poi lo abbraccia in un selfie. Tajani riprende le parole di Mulè sull’invito all'”umiltà e il coraggio”. Letizia Moratti capo della Consulta un po’ si commuove.

Il neosegretario ringrazia tutti, a cominciare dal capo dell’organizzazione Francesco Battistoni che con il portavoce azzurro Raffaele Nevi, vicecapogruppo vicario alla Camera e Alessandro Battilocchio, capo dell’ufficio elettorale, sono stati il primo nucleo degli stretti collaboratori dopo il consiglio nazionale di luglio. Ora al lavoro, per non deludere “Silvio-Maradona” , che “ci guarda da lassù”.

Tajani che, come dice Gasparri, può passare tranquillamente da una telefonata con Blinken a un appuntamento con un consigliere comunale di un Comune della sua Ciociaria, Tajani leader dai piedi ben piantati per terra, ora scherza. “Guarda che ti faccio diventare magro come un grissino a forza di lavorare”, dice a uno. E ricorda che grazie all’amministratore Fabio Roscioli la situazione finanziaria è “notevolmente migliorata” perché chi doveva si è rimesso a posto con le quote da versare al partito.

Invita a restare uniti, a essere tutti come soldati perché “un generale deve essere innanzitutto un bravo soldato”. Ricorda, il cofondatore azzurro, che FI “non è un postificio”. Il ministro dell’Università Annamaria Bernini: “Antonio è la nostra punta di diamante”. Non sarà un’avventura.

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