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Salvini

La guerra in Ucraina cambierà davvero la politica italiana?

Che cosa succede tra i partiti in Italia con la guerra in Ucraina. La nota di Paola Sacchi

 

Sarà davvero la guerra di Putin all’Ucraina a ridisegnare, come alcuni ipotizzano, un nuovo bipolarismo italiano? O invece le acque del quadro politico non si stanno agitando, con ripercussioni sul governo Draghi, tra visioni assistenzialiste, pro tasse da sinistra e richieste invece liberali dalla difesa del bene casa ai punti nodali della riforma della giustizia che vengono dal centrodestra?

Ma davvero lo scontro in vista delle Politiche del 2023 lo si vuol ipotizzare a questo modo: di qua i filo-atlantici, di là una sorta di bad company etichettata come “filoputiniana”, con al centro la t-shirt di vari anni fa, additata a pietra dello scandalo internazionale, di Matteo Salvini? E nel retropensiero, fino a un certo punto, un Silvio Berlusconi che farebbe bene per certo mainstream dominato dalla sinistra “a star zitto” per la sua amicizia con Putin, sminuendo così Pratica di Mare, che invece proprio alla luce della tragedia ucraina conferma la lungimirante linea del Cav, disattesa, di occidentalizzare Putin?

Come se il Cavaliere 28 anni fa non discese in campo proprio a difesa dei valori liberali occidentali, di fronte a gioiose macchine da guerra di post-comunista memoria. Cosi come è fuori ormai ogni senso della misura l’attacco al leader leghista che ha dato torto a Putin “l’aggressore” e si è recato in Ucraina per una missione umanitaria, dopo essersi uniformato alla unanime risoluzione del governo Draghi sull’Ucraina. Risoluzione che invece ha visto piuttosto crepe, anche pesanti proprio in frange di estrema sinistra e in importanti esponenti dei Cinque Stelle, proprio gli alleati del cosiddetto “campo largo”, alleanza riconfermata, come Vito Petrocelli, presidente della Commissione Esteri del Senato, che addirittura ha votato contro.

Ma nel panorama nostrano evidentemente valgono più una sbiadita t-shirt con l’effige di Putin sulla Piazza Rossa, magari qualche dichiarazione avventata del passato (per dovere di cronaca, ancora campeggiano foto con abbracci e sorrisi di leader e figure istituzionali anche della sinistra, ora scandalizzata su Salvini, per la visita ufficiale del presidente della Federazione russa nel 2019 in Italia, solo tre anni fa, agenda così fitta di incontri che Berlusconi lo andò per i pochi minuti rimasti a salutarlo all’aeroporto) che quel no pesante dell’importante esponente pentastellato.

Fermo restando che l’Occidente, gli Usa, pur con la debolissima presidenza Biden, su cui grava la incredibile fuga da Kabul, era e deve restare sempre la bussola, la ri-bipolarizzazione della politica di casa nostra, con tanto di elogi da sinistra a Giorgia Meloni, presidente di FdI, per la “linea filo-atlantica”, linea che in realtà il suo partito ha sempre avuto (Meloni pur dall’opposizione ha votato a favore), rischia di prestarsi a manovre di piccolo cabotaggio nostrano. Suona piuttosto a vantaggio del Pd o di quelle manovre centriste volte a una riconferma di Draghi, al di là delle intenzioni dello stesso Draghi, volte a disarticolare definitivamente il centrodestra, tentando di spaccare la stessa Forza Italia, facendola abdicare anche agli stessi suoi principi valoriali fondanti. Fino al punto di descrivere curiosamente certe narrazioni sulla battaglia contro la revisione del catasto del centrodestra unito l’ex presidente del Parlamento europeo, vicepresidente del Ppe, Antonio Tajani, coordinatore nazionale di FI ” una costola della Lega”.

Ma che la battaglia contro le tasse sulla casa, anche se il premier ha smentito seccamente che ci saranno, sia dalla nascita una “battaglia identitaria” di FI, lo ha detto a chiare lettere Alessandro Cattaneo, capo dei Dipartimenti azzurri, della commissione Finanze di Montecitorio. E ora sui rincari della benzina e dell’energia dissonante, improntata ad una filosofia opposta, è la voce di Berlusconi e con lui quella di Salvini, che battono su questo tasto da prima della guerra in Ucraina, rispetto a quella del segretario del Pd, Enrico Letta. Se il leader Pd propone, in linea con una visione pro tasse e assistenziale, un assegno-energia alle famiglie più in difficoltà, non parlando della classe media, di quegli imprenditori, motore di lavoro e di consumi, a monte di tutto, Berlusconi, in una interrogazione urgente alla Commissione Ue ripone al centro il problema del taglio delle accise, chiedendo che venga fissato un limite massimo per ogni Paese. Salvini, che più volte ha battuto il tasto anche del nucleare pulito, chiede a sua volta tagli immediati delle tasse. Una linea che si contrappone anche a certe filosofie ambientaliste di sinistra e pentastellate.

Quanto alla guerra e alla tragedia dell’Ucraina, Tajani, e con lui Maria Tripodi, capogruppo azzurra della commissione Difesa della Camera, in una intervista a Radio Radicale, ha lanciato la proposta di una missione speciale di Berlusconi con Angela Merkel, sotto l’egida dell’ONU. E altre battaglie ci saranno ora in parlamento sulla riforma della giustizia, dove FI e Lega, promotrice con i Radicali dei referendum, mettono l’accento in particolare sulla separazione delle funzioni e i meccanismi di elezione del Csm. A meno che, in generale, come già aveva ammonito lo stesso Tajani in una intervista la settimana scorsa a Il Corriere della Sera, “il Pd non voglia dare la linea a questo governo, sarebbe inaccettabile, il parlamento è centrale, questo non significa mettere a rischio il governo”. Che, come tutti sanno, nacque come esecutivo di emergenza nazionale, al quale tutte le forze politiche furono chiamate a contribuire.

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