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Via Crucis Ucraina

Guerra Russia-Ucraina, la via crucis del Papa e il ruolo del Campus Biomedico (Opus Dei)

Fa discutere la scelta di Papa Francesco di far condividere la croce durante la Via Crucis a due donne, una ucraina e l’altra russa. I commenti del Vaticano, la spiegazione di padre Spadaro, le parole dell’arcivescovo maggiore di Kiev, dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede e il ruolo dell’Opus Dei

 

Due donne, una ucraina e una russa, sotto la croce che portano insieme durante la Via Crucis del Venerdì santo al Colosseo. Questo è quello che vuole Papa Francesco come segno di riconciliazione tra due popoli in guerra, ma il mondo istituzionale e religioso ucraino non è d’accordo: “Meditazioni incomprensibili e offensive” è stato il commento dell’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč, Sviatoslav Shevchuk.

LA SCELTA DI FRANCESCO

Domenica scorsa, a una settimana dalla Pasqua, la Sala Stampa vaticana ha comunicato la scelta di Papa Francesco di far portare la croce durante la Via Crucis a una famiglia russa e una famiglia ucraina, insieme.

Insieme faranno anche le meditazioni della XIII stazione, quella che ricorda il momento in cui Cristo viene deposto dalla croce e il suo corpo viene riconsegnato a sua madre. Una scena che richiama alla mente la Pietà di Michelangelo, che fu proprio ispirato da questo episodio.

COSA VERRÀ DETTO DURANTE LE MEDITAZIONI

“La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. […] Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. […] Parla nel silenzio della morte e della divisione e insegnaci a fare pace, a essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”. Sono alcune delle parole che reciteranno durante la meditazione le due famiglie.

LA REAZIONE DI KIEV

La scelta di Papa Francesco, in linea con i valori evangelici di perdono, fratellanza e riconciliazione, però è stata criticata sia dall’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč che dall’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash.

IL COMMENTO DELL’ARCIVESCOVO DI KIEV

“Considero questa idea inopportuna e ambigua che non tiene conto del contesto di aggressione militare russa contro l’Ucraina. Per i greco-cattolici dell’Ucraina, i testi e i gesti della XIII stazione di questa Via Crucis sono incomprensibili e persino offensivi, soprattutto in attesa del secondo, ancora più sanguinoso attacco delle truppe russe contro le nostre città e villaggi. So anche che i nostri fratelli cattolici del rito latino condividono con noi questi pensieri e preoccupazioni”, è stato il commento dall’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč.

IL COMMENTO DELL’AMBASCIATORE

Yurash, altrettanto contrario all’idea di Papa Francesco, ha scritto su Twitter: “L’ambasciata ucraina presso la Santa Sede comprende e condivide la preoccupazione generale in Ucraina e in molte altre comunità sull’idea di mettere insieme le donne ucraine e russe nel portare la croce durante la Via Crucis di venerdì al Colosseo. Ora stiamo lavorando sulla questione cercando di spiegare le difficoltà della sua realizzazione e le possibili conseguenze”.

SILENZIO STAMPA DAL VATICANO

Dal Vaticano, intanto, non è arrivato nessun commento e su Vatican news è possibile vedere che il libretto con le meditazioni non è stato modificato.

LA RISPOSTA DI PADRE SPADARO

Se dai canali ufficiali della Sanata Sede tutto tace, padre Antonio Spadaro, gesuita e giornalista vicinissimo al Papa, nonché direttore della rivista La Civiltà cattolica, ha affidato a un post su Facebook la sua spiegazione alla scelta del pontefice.

COSA C’ENTRANO IL CAMPUS BIOMEDICO E L’OPUS DEI

Le due donne che porteranno la croce si chiamano Irina e Albina. La prima è un’infermiera ucraina, la seconda una studentessa russa che si sta preparando allo stesso mestiere. Si conoscono perché entrambe lavorano e studiano presso il Campus Biomedico di Roma, nato per volontà di Álvaro del Portillo, allora Prelato dell’Opus Dei.

IL RAPPORTO TRA CAMPUS E OPUS DEI

Il rapporto istituzionale tra l’università e la Prelatura dell’Opus Dei, si legge sul sito, è regolato da una convenzione ma – viene chiarito – “l’Opus Dei non entra nelle questioni professionali, tecniche, economiche, che ricadono totalmente (e laicamente) sotto la responsabilità delle autorità preposte e in ultima istanza, del Consiglio di Amministrazione, secondo quanto previsto nello Statuto dell’Università”.

La Prelatura fa sapere che si limita a promuovere con attività di formazione dottrinale e spirituale l’identità cristiana in cui si riconoscono anche persone che non sono necessariamente cooperatori dell’Opus Dei.

LA STORIA DI IRINA E ALBINA

Irina e Albina, che prima di appartenere a questo o a un altro popolo sono amiche, hanno deciso di non commentare le turbolenze in corso riguardo la Via Crucis, ma hanno raccontato la loro storia e le reciproche reazioni alla guerra tra i loro due Paesi sull’Osservatore Romano.

“La nostra amicizia – ha detto Irina – nasce all’interno del reparto di cure palliative ‘Insieme nella cura’. Il nostro incontro è avvenuto proprio in questo luogo molto delicato. Dal primo momento, il nostro legame è stato molto naturale. È nata questa amicizia in modo spontaneo. E quindi, ogni volta che ci incontravamo, era una emozione. Quando ci siamo incontrate poco dopo l’inizio della guerra, Albina è venuta nel reparto. Io ero di turno. È bastato il nostro sguardo: i nostri occhi si sono riempiti di lacrime”.

Irina ha poi ricordato il momento in cui Albina ha cominciato a chiederle scusa: “In quel momento era veramente inconsolabile. Non riuscivo a consolarla. Lei si sentiva in colpa e mi chiedeva scusa. Io la rassicuravo che lei non c’entrava niente in tutto questo”.

Una guerra che vorrebbe vederle divise ma che, come ha scelto Papa Francesco, le unirà probabilmente ancora di più perché loro, come tantissimi altri, con la guerra di Putin non c’entrano nulla e anzi, “scandalosamente insieme”, venerdì prossimo diventeranno il simbolo di due popoli che uniti, come ha detto Irina, “potrebbero fare tanto”.

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