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Israele

Guerra Israele-Hezbollah, ecco incognite e scenari

Le sfide per Israele. Il ruolo di Hezbollah. L'uccisione di Nasrallah. E la posizione dell'Iran. I fatti e gli scenari approfonditi da Andrea Molle, professore associato di Scienze politiche e Relazioni internazionali presso la Chapman University di Orange

Cosa rischia Israele in caso di scontro totale con Hezbollah? Qual è la minaccia che il più potente attore non statale del Medio Oriente pone allo Stato ebraico? E quale potrebbe essere il ruolo dell’Iran in un conflitto sempre più probabile? Start Magazine ne ha parlato con Andrea Molle, professore associato di Scienze politiche e Relazioni internazionali presso la Chapman University di Orange, California, mentre l’esercito israeliano ha confermato l’uccisione di Nasrallah

In caso di guerra aperta quanto male può fare Hezbollah a Israele?

Farei una doverosa premessa: Hezbollah non è Hamas. In termini di capacità militare il movimento filoiraniano è molto superiore. Per questo Hezbollah rappresenta un vero pericolo, e in caso di scontro aperto è facile prevedere molte perdite da parte israeliana.

Lo abbiamo già visto in questi undici mesi e mezzo quanto Hezbollah sia pericoloso.

Già, si stima che in questo lasso di tempo Hezbollah abbia lanciato sul Nord di Israele almeno 13.000 missili, un numero imponente ma che rappresenta solo una frazione dell’arsenale del gruppo, che disponeva prima degli attacchi di Israele di questi giorni di almeno 150.000 vettori. Questo fa di Hezbollah l’attore non statale vicino all’Iran senza dubbio più pericoloso. Ma oltre alle armi, il movimento può contare su ottime disponibilità finanziarie e su molti uomini che sono pagati meglio rispetto all’esercito regolare libanese. Si può dunque dire che Hezbollah disponga di una forza paragonabile a quella di uno Stato.

Inoltre i suoi miliziani sono ben addestrati, avendo combattuto in Siria a fianco del dittatore Assad.

Vero, infatti è facile immaginare, in caso di invasione israeliana, che ci saranno feroci combattimenti urbani, anche se questo dipenderà da dove l’Idf vorrà spingersi.

Dove vorrà spingersi Israele secondo lei?

Non lo sappiamo, anche se è probabile che l’obiettivo di un’offensiva sia in qualche modo implementare la risoluzione Onu 1701 che già nel 2006 stabilì che le forze di Hezbollah dovessero ritirarsi più a Nord rispetto al confine. Un obiettivo che l’Onu con la missione Unifil 2 non è riuscita a conseguire. Israele però adesso ha detto basta e ci penserà da sola.

Quanto è probabile in caso di conflitto un intervento diretto dell’Iran?

Personalmente non credo che l’Iran voglia entrare in campo. C’è da considerare anzitutto la distanza geografica e il fatto che l’Iran non confina con il Libano né con Israele.

Però ad aprile l’Iran ha attaccato Israele con missili e droni.

Infatti non si può escludere qualche attacco simbolico. Ma l’interesse di Teheran per ora è quello di mantenere il conflitto nel suo attuale perimetro di Gaza, della Cisgiordania e del Libano.

Poiché in questi giorni su Hezbollah si è sentito di tutto, comprese le sue attitudini caritatevoli, ci vuole ricordare chi sono davvero gli Hezbollah?

Ho sentito anch’io quell’intervista in cui si paragonava Hezbollah a una sorta di Caritas. Ma questo è ovvio a chiunque conosca minimamente il Medio Oriente e la storia di questi movimenti che si sono conquistati la lealtà della popolazione civile anche attraverso l’erogazione di servizi. Bisogna ingraziarsi la popolazione anche ai fini del reclutamento, perché non è poi così scontato che qualcuno decida autonomamente di diventare un terrorista suicida.

Al di là del traguardo messianico della distruzione di Israele, quali sono gli obiettivi che Hezbollah si prefigge nel suo confronto con Israele? 

C’è una parziale sovrapposizione con le storiche rivendicazioni del Libano nel suo conflitto irrisolto con Israele. Una questione dunque relativa al controllo di determinate zone. Hezbollah è stato abile a sposare un’agenda nazionalista e patriottica che gli ha consentito di conquistare consenso nel Paese e, di fatto, di impadronirsene.

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