Chissà se le timide prove di disgelo all’interno di quel che resta del Gruppo Visegrad (V4) riusciranno a coprire le enormi divergenze fra i quattro paesi membri, che hanno portato l’organizzazione sull’orlo del collasso. Dopo diversi meeting annunciati e poi rinviati, oggi i quattro ministri degli Esteri di Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia si vedranno finalmente a Praga (la Repubblica Ceca detiene la presidenza di turno di Visegrad), divisi su molte cose, a cominciare dalla posizione sulla Russia.
Questa è la madre di tutte le divisioni, che si trascina appresso, quasi a catena, molte altre. Varsavia e Praga sono stati fin dall’inizio tra i maggiori sostenitori dell’Ucraina (sebbene la solidarietà polacca sia pronta a vacillare quando dai proiettili si passa al grano): una posizione ferma, sopravvissuta ai cambi di governo e che costituisce l’essenza stessa delle politiche di sicurezza dei due paesi. Budapest e Bratislava, al contrario, si sono sfilati dalla solidarietà a Kiev pur con gradazioni differenti e non rinunciano ai canali (non solo di dialogo) con Mosca. E se Viktor Orban ha interpretato da subito il ruolo di guastafeste nel consesso alleato (Ue e Nato), la Slovacchia ha mutato rotta con la vittoria elettorale del populista di sinistra Robert Fico.
Di recente, il ministro degli Esteri slovacco Juraj Blanar ha avuto colloqui con il suo omologo russo Sergei Lavrov, a margine di un forum diplomatico in Turchia. Il primo ministro slovacco Fico, che si è opposto all’invio di aiuti militari statali all’Ucraina, ha affermato che l’incontro è stato un esempio della politica estera equilibrata e sovrana della Slovacchia. Ancora più netta è stato l’atteggiamento dell’Ungheria, che in più occasioni ha bloccato le sanzioni Ue contro Mosca e ha aperto più di qualche fronte polemico con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Orban è stato anche l’unico leader europeo a incontrare Vladimir Putin e anche il ministro degli Esteri ungherese ha di recente stretto le mani al suo omologo russo. Ed entrambi i paesi hanno criticato Bruxelles per aver finanziato le forniture di armi all’Ucraina e aver così incentivato e prolungato la guerra invece che adoperarsi per cercare soluzioni di pace.
“Ammetto che non abbiamo trovato una posizione comune che il Gruppo Visegrad potesse promuovere insieme da molto tempo, ma questo non significa che non dovremmo incontrarci”, ha detto il ministro degli Esteri ceco Jan Lipavsky, “è nostro compito saper parlare diplomaticamente, non spingere le situazioni all’estremo, ma cercare il minimo comune denominatore possibile”.
DI COSA PARLERÀ IL GRUPPO VISEGRAD
Infrastrutture, cooperazione interpersonale e sostegno all’Ucraina sono i temi ufficialmente sull’agenda. In teoria il punto di vera frizione è l’ultimo, ma è innegabile che l’ombra della divisione su un tema che per almeno due dei quattro governi è di importanza strategica si stia proiettando anche sulle altre questioni. C’è ad esempio una comunanza di necessità energetiche, ma le differenze in politica estera disegnano anche strategie diverse – se non opposte – nella ricerca di nuovi equilibri per l’approvvigionamento.
Ciononostante la presidenza ceca è convinta che i legami tra i paesi di Visegrad debbano essere mantenuti per un’ulteriore cooperazione, tanto più che tutti e quattro i paesi sono membri della Nato e dell’Ue. Ma chi preme per riprendere il filo comune è soprattutto Fico, che teme l’affossamento definitivo della piccola alleanza centro-europea. “L’incontro dei ministri degli Esteri a Praga dimostra che il V4 è un gruppo funzionante”, ha detto ha detto un portavoce del ministero degli Esteri slovacco, “è vero che permangono opinioni diverse su alcune questioni, ad esempio sulla questione del raggiungimento della pace in Ucraina, ma fin dai suoi primi giorni il governo guidato da Fico ha sottolineato la necessità di rivitalizzare il Gruppo Visegrad, che considera un progetto di successo”.
Ma non è detto che l’incontro dei ministeri diplomatici riesca a trovare almeno quel minimo comune denominatore auspicato. Nel frattempo, infatti, le relazioni bilaterali tra Repubblica Ceca e Slovacchia si sono deteriorate, dopo che il governo ceco ha rinviato i negoziati intergovernativi congiunti. Mentre al contrario, si sono rinsaldati i rapporti a due fra i governi filoucraini ceco e polacco, tanto è vero che Lipavsky ha incontrato separatamente il suo omologo polacco Radoslaw Sikorski il giorno prima dell’incontro con gli altri ministri del V4.
LA POLONIA HA PERSO INTERESSE?
Ma chi guarda con sempre minore interesse a Visegrad è proprio il paese più grande e pesante del gruppo, la Polonia, decisa a giocare i propri equilibri di sicurezza sul tavolo del triangolo di Weimar, sull’asse della grande pianura centro-europea dove secondo Donald Tusk (e il suo ministro degli Esteri Sikorski) risiede oggi anche il nucleo strategico della sicurezza Ue. E se “più Weimar e meno Visegrad” è il motto che oggi risuona a Varsavia, per il vecchio gruppo di interessi del V4 sarà difficile evitare il probabile tramonto.