L’esagerato interesse di Donald Trump per la Groenlandia può apparire strampalato e minaccioso ma rivela la natura strategica dell’isola per gli Usa anche e soprattutto da un punto di vista militare. Una realtà che comincia già con la guerra fredda e che oggi, con un Putin fuori controllo, assume i caratteri dell’urgenza.
PRESENTI DA OTTANT’ANNI
Come scrive il Financial Times in un lungo approfondimento del suo corrispondente dai Paesi nordici e baltici Richard Millne, la presenza militare americana in Groenlandia è una realtà tangibile da otto decenni e senz’altro visibile dei ben più scarni presidi del Paese di cui l’isola è un territorio autonomo, ossia la Danimarca.
Questa presenza ha un simbolo ed è la Pituffik Space Base, collocata nella parte settentrionale della Groenlandia sin dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Si tratta, sottolinea il quotidiano britannico, della base più a Nord di cui dispongono le forze armate Usa, situata a soli 1.500 km dal Polo Nord.
Vi sono presenti 200 militari a stelle e strisce e altri 450 uomini tra contractors e personale alleato. A essi è affidata la gestione di una struttura che è la punta avanzata del sistema di early warning statunitense oltre che del comando delle unità satellitari. La base è inoltre parte integrante della rete di sorveglianza spaziale Usa.
LA SFIDA TRA GRANDI POTENZE
Se questi elementi già rendono vitale quel territorio dal punto di vista della sicurezza americana, tale importanza viene accentuata di questi tempi dallo scioglimento dei ghiacci nell’Artico che ha innescato una competizione a tre fra Usa, Cina e Russia per il controllo delle rotte marittime apertesi a causa del cambiamento climatico.
Situata com’è tanto a Nordovest quanto a Nordest del passaggio attraverso l’Artico, la Groenlandia si ritrova ad essere un boccone ghiotto per chi, come Mosca, vorrebbe approfittarne per i propri sottomarini.
COMPETIZIONE GEOPOLITICA
Come spiega a Ft Mikkel Runge Olesen, ricercatore del Danish Institute for International Studies, “per gli Usa il problema è l’interesse cinese e russo nell’Artico. Gli Usa hanno cominciato a vedere l’Artico come una regione teatro di una competizione geopolitica (ed è dunque) molto importante tenere Russia e Cina fuori”.
Sono queste le ragioni che spinsero l’ex Consigliere alla Sicurezza Nazionale del Trump 1, John Bolton, ad appoggiare l’idea originariamente avanzata dal tycoon di acquistare la Groenlandia. La Cina, ha scritto recentemente Bolton, vuole “estendere la propria influenza e diventare una potenza artica. Pertanto, data la prossimità geografica della Groenlandia con gli Usa (la sua acquisizione) rappresenta ovviamente un interesse strategico”.
NEL FRATTEMPO, IN GROENLANDIA…
È il Guardian a riferire della sorpresa e dei timori dei cittadini dinanzi all’insistenza di Trump e dei tentativi dell’esecutivo locale ed in primis del primo ministro Mute Egede, di fornire rassicurazione tanto ai primi quanto all’uomo che sta per entrare per la seconda volta alla Casa Bianca.
Pur reiterando il diritto all’autodeterminazione di un popolo già pronto a partecipare a un no improbabile né lontano referendum sull’indipendenza, il Ministero degli Esteri si è detto “pronto a stabilire un contatto” con la nuova amministrazione americana nella reciproca convinzione di quanto la Groenlandia svolga “un decisivo e importante ruolo per gli interessi di sicurezza nazionale degli Usa”.
Ma non tutti sono così concilianti. “Non vogliamo una nuova potenza coloniale”, dichiara al Ft un esponente del governo locale che poi però è costretto ad ammettere che “non possiamo sperare di difenderci da soli”.