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Salvini

Le prime mosse di Meloni e la partita dei sottosegretari

I partiti della maggioranza sono ora alle prese con le nomine dei sottosegretari, mentre Meloni ha incontrato Macron. La nota di Paola Sacchi

 

Il tradizionale passaggio della campanella che le consegna un sorridente Mario Draghi; il largo sorriso nel quale si scioglie Giorgia Meloni mentre la suona con energia; l’emozione “impattante” che confessa al predecessore di aver provato passando in rassegna il picchetto d’onore nel cortile; il primo consiglio dei ministri in cui chiede “lealtà, unità, compattezza” per le sfide difficili che sono davanti; infine, in serata, l‘incontro con il presidente francese Emmanuel Macron.

Inizia l’era Meloni, il primo premier donna e anche il primo espresso dalla destra, da una coalizione di centrodestra. Benedetto dall’augurio di Papa Francesco, il governo Meloni, che riceve gli auguri anche del Dalai Lama, nasce in un clima di quasi normale alternanza, segnando un passo avanti nella democrazia italiana. È un clima politico che stride con il grido d’allarme per il “pericolo delle destre” agitato da Pd, sinistra, opposizioni durante la campagna elettorale.

Forse la sinistra è ancora come stordita dalla sconfitta subita dopo quasi undici anni ininterrotti di governo con varie formule, le opposizioni sono troppo divise per rilanciare allarmi che alla prova dei fatti rischierebbero di risultare ormai superati.

Dopo le congratulazioni di Biden, quelli di Scholz, i saluti dai vertici Ue, Lo stesso incontro nella giornata inaugurale del governo di Meloni con Macron, colloquio informale, definito da una nota di Palazzo Chigi “cordiale e proficuo” – in cui sono stati affrontati i principiali dossier europei, energia, sostegno all’Ucraina, difficile congiuntura economica, gestione dei flussi migratori – è una risposta tangibile, immediata alle critiche sull’europeismo. Tanto più dopo la gaffe del ministro francese alle politiche UE. Macron twitta sull’amicizia tra i due popoli.

Ora l’esecutivo è atteso alla prova delle risposte da dare alle emergenze. Meloni si è intrattenuta più di un’ora con l’ex capo della Bce sui dossier da affrontare. “Inizieremo nei prossimi giorni”, dice, lasciando Palazzo Chigi, Raffaele Fitto, ministro agli Affari Europei, con delega al Pnrr. La maggioranza che compone il governo, che domani e mercoledì andrà alla Camera e al Senato per il voto di fiducia, è chiamata a dare prova di “compattezza, lealtà, spirito di squadra”. È l’invito di Meloni accolta fra gli applausi in consiglio dei ministri. Quell’unità è già fotografata dalla composizione del vertice stesso dell’esecutivo, dove il presidente del Consiglio ha accanto due vicepremier, Antonio Tajani (ministro degli Esteri e coordinatore FI) e Matteo Salvini (ministro Infrastrutture, leader della Lega), che torna in quel ruolo dopo il governo giallo-verde del 2018.

I vicepremier, espressione degli altri due azionisti di maggioranza della coalizione, hanno ricevuto le deleghe ieri mattina. Così come Alfredo Mantovano (FdI) come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Compattezza e unità si dovranno ora misurare su provvedimenti urgenti e concreti, a cominciare dall’emergenza energia e il caro bollette. Il premier annuncia una novità: l’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani resterà a collaborare come consulente, “in forma gratuita”, specifica, all’uscita, Luca Ciriani (FdI) ministro dei Rapporti con il parlamento.

Si apre ora la partita per i sottosegretari e i viceministri. Per equilibrare ancora di più i rapporti nella maggioranza, ruoli sono attesi soprattutto per FI, dove Silvio Berlusconi, che parlerà in Senato, punterebbe alla Giustizia ora sull’azzurro Francesco Paolo Sisto come vice di Carlo Nordio, eletto alla Camera con FdI.

Risposte FI le auspica anche per l’ex Mise, ora Imprese e Made in Italy e la delega per l’Editoria. Mentre la Lega avrebbe il problema di una rappresentanza del Veneto, dal momento che i suoi ministri sono tutti lombardi.

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