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Giorgetti

Gli strepitii sinistri dei sinistrorsi sul governo Meloni

Cosa dicono i quotidiani Manifesto e Repubblica sul nuovo esecutivo targato Fratelli d'Italia. I Graffi di Damato

In attesa -mentre scrivo- di godermi lo spettacolo televisivo del passaggio della campanella d’argento del Consiglio dei Ministri dalle mani di Mario Draghi a quelle di Giorgia Meloni, succedutagli dopo avergli fatto opposizione per un anno e mezzo scoprendo alla fine di doverne più continuare l’azione che rovesciarla, mi chiedo perché mai i miei colleghi del manifesto, generalmente ed encomiabilmente capaci di rimanere brillanti nei titoli anche nella polemica, si siano abbandonati alle peggiori, becere abitudini della sinistra. Lo hanno fatto sparando quell’”arrivano i mostri” sulla foto istituzionalmente consueta e persino banale del nuovo governo in posa al Quirinale attorno al presidente della Repubblica dopo il giuramento del presidente del Consiglio e dei ministri. Mostri, addirittura. Ai quali, del resto, già il giorno prima, dopo averne appreso i nomi, la direttrice del manifesto Norma Rangeri aveva a suo modo gridato nel titolo del suo editoriale: “Adesso comincia l’incubo”. Un incubo uguale e contrario, direi, a quello dei dirigenti del Pci che nel 1969 espulsero i compagni del manifesto che la pensavano diversamente da loro.

Per fortuna la sinistra non era nel 1969, grazie anche al manifesto, tutta quella rappresentata dai vertici del partito comunista, così come oggi non è quella che lo stesso manifesto ha ritenuto di rappresentare mostrificando il governo appena nato. Su Repubblica, per esempio, che pure   non si è spesa dopo le elezioni anticipate del 25 settembre a favorire questo parto della politica, sino a temere o denunciarne la coincidenza col centenario della marcia fascista su Roma, l’ex direttrice dell’Unità Concita De Gregorio ha scritto un apprezzabile, condivisibilissimo commento al quale è stato negato nel titolo anche il punto interrogativo che io, magari, avrei messo: “E se fosse normale questa destra”.

Mi scuso per le lunghe citazioni cui mi appresto ma credo che ne valga la pena in questo passaggio certamente importante della politica italiana, che si è guadagnata l’attenzione delle famose “cancellerie” internazionali. E che è destinato a riservarci chissà quante sorprese, oltre a quella iniziale di una continuazione, anziché di una contrapposizione fra l’uomo in uscita -anzi, diciamo pure uscito da Palazzo Chigi quando qualcuno mi leggerà -e la donna che ne ha preso il posto dopo un’opposizione parlamentare già spentasi, in verità, negli ultimi mesi sul versante non certo secondario della politica estera.

Consapevole che spesso “è il nuovo che spaventa”, l’editorialista di Repubblica di fronte alla fotografia dei “mostri” denunciati dal manifesto ha osservato che “qui di nuovo non c’è niente”, perché “i volti fino a ieri ignoti che avrebbero dovuto suscitare massima vigilanza, allarme democratico, eia eia alalà, sono tutti già nell’album delle figurine da anni, i cronisti politici hanno i loro numeri in agenda e li chiamano per nome. Di tecnici, pochissimi e tutti con uso di mondo, gente che ha fatto pubbliche relazioni, che ha governato processi e atenei….”. Ce n’è uno, nemmeno tecnico, che -ha ricordato in un altro passaggio Concita De Gregorio- è addirittura passato dal governo Draghi al governo Meloni. E’ addirittura il ministro (leghista) dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

A chi non piace comunque il nuovo governo non resta naturalmente che  “la grande occasione” di “fare opposizione con la forza della ragione”. Si tratta di “rimettere in ordine questioni e principi, misurarsi alla prova dei fatti”. E non dimenticare “la sconfitta simbolica di una sinistra che è stata incapace di fare in vent’anni quello che Giorgia Meloni ha fatto negli ultimi due” portando il suo partito di destra in testa alla classifica del campionato politico, oltre che lei stessa – la prima donna- a Palazzo Chigi. Come dare torto a Concita De Gregorio?

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