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Vi racconto come la Russia di Putin si muove in Africa

L’approfondimento di Tino Oldani, firma di Italia Oggi, sulle mosse della Russia di Putin in Africa

L’attivismo militare di Vladimir Putin, già evidente in Crimea, nel Donbas e in Siria, si sta allargando a macchia d’olio anche in Africa.

In questo caso non sono in gioco nuovi missili a medio raggio per le testate atomiche, la cui produzione da parte russa ha indotto Donald Trump a rimettere in discussione l’accordo Usa-Urss del 1987.

Il dinamismo russo riguarda invece il sostegno alle società private che affittano mercenari ai governi locali africani, soprattutto ai dittatori, chiamate in gergo Pmc (Private military companies). Un settore, quello delle Pmc, che vede impegnate in Africa numerose società di contractors, sovente finanziate e protette dalle maggiori potenze mondiali, in testa Usa, Russia e Cina, ovviamente in concorrenza tra di loro, per obiettivi militari quasi mai trasparenti, per non dire alquanto sporchi, ma sempre convenienti sul piano politico ed economico.

Un’inchiesta ampia e documentata sul sito analisidifesa.it di Gianandrea Gaiani fornisce l’elenco delle principali Private military companies operanti in Africa, in primis di quelle americane, che sono da più tempo sul terreno e hanno ottenuto robusti contratti di fornitura anche dal dipartimento della difesa Usa.

Qui ci soffermiamo sulle società russe che affittano mercenari ad alcuni dittatori africani in accordo con Putin. Premessa doverosa. Nella distrazione dei giornaloni (italiani e non), all’inizio del 2017 Putin ha dato inizio a un processo di legalizzazione delle compagnie militari private russe, fino a istituzionalizzarle.

Lo ha fatto con un emendamento alla legge sulla coscrizione militare obbligatoria, stabilendo che «chiunque operi al fine di impedire azioni terroristiche al di fuori del territorio della Federazione russa, sia esso congedato o riservista, godrà a tutti gli effetti dello status legale di membro delle forze armate».

Un codicillo che, di fatto, ha consentito a Mosca di impiegare soldati mercenari sui teatri di guerra stranieri nei quali la Russia andava man mano a impegnarsi: dal Donbas ucraino fino alla Siria, per arrivare alla Libia, dove affianca il generale Khalifa Haftar nel controllare la Cirenaica, in opposizione al governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj (sostenuto, quest’ultimo, da Onu, Usa e Italia).

Il ricorso di Putin ai mercenari, dicono gli analisti, è stato per vari aspetti una scelta obbligata. I 300 mila soldati russi delle truppe ufficiali di terra non sono infatti sufficienti per controllare l’intero territorio russo, da Mosca a Vladivostok. Inoltre, il rimpatrio dei caduti in combattimento, trattandosi di mercenari ben pagati, crea meno problemi rispetto ai soldati di leva.

La più attiva tra le Pmc russe è senza dubbio l’unità Wagner, di cui è proprietario Eugeny Prigozhin, soprannominato «chef di Putin» per le società di catering di sua proprietà e per i rapporti molto stretti con il capo del Cremlino. Il comandante militare è Dmitry Utkin, ex ufficiale del Gru (servizio segreto militare), nome di battaglia «Wagner», lo stesso dell’unità di mercenari, con la quale ha operato e opera tuttora sia nel Donbas che in Siria, con il pieno sostegno di Mosca. A provarlo, il fatto che Utkin era presente al Cremlino nel giorno celebrativo dei «Difensori della patria» (9 dicembre 2016), invitato dallo steso Putin.

Di fatto, tra le maggiori società di contractors russe, l’unità Wagner è quella che opera in stretto collegamento con la politica estera del Cremlino. E ne è ora il ferro di lancia in Africa. Dall’inizio di quest’anno, i suoi uomini sono presenti nella Repubblica Centroafricana per addestrare i militari del ricostituito esercito nazionale e fornire protezione personale al presidente della repubblica, Faustin-Archange Touderà. In cambio, il proprietario della Wagner ha ottenuto per due società minerarie di sua proprietà, registrate in Russia, la concessione per le estrazioni di diamanti, oro e uranio, estrazioni riprese grazie all’intervento militare della Wagner.

La stessa cosa è avvenuta in Sudan, a partire da gennaio: anche qui il presidente Omar al-Bashir ha affidato alla Wagner la consulenza dei vertici militari impegnati nella guerra contro il Sudan del Sud, mentre Prigozhin ha ottenuto la «protezione» di alcune miniere. In tutto questo, alcuni analisti hanno individuato un nuovo modello della politica estera di Putin in Africa, basato sull’offerta di sicurezza e stabilità, in cambio di vantaggi commerciali ed economici. Il tutto agevolato dalla mancanza di un passato coloniale, che pesa su Francia e Gran Bretagna, oppure di una tendenza neoimperialista, come quella di Usa e Cina.

Vi è poi da considerare che i paesi occidentali sono piuttosto restii a intervenire in aiuto di stati falliti e colpiti da embargo di armi, come la Repubblica Centroafricana, oppure in paesi colpiti da condanne e sanzioni internazionali, come il Sudan: qui, invece, Putin interviene senza remore.

Indagare sulle attività dell’unità Wagner, sostiene analisidifesa.it, non giova alla salute: il suo obiettivo primario non è solo il denaro o il profitto, come avviene per le Pmc Usa, ma assecondare gli obiettivi politici del Cremlino. Il che, di solito, comporta anche il traffico d’armi. E si dà il caso che, finora, quattro giornalisti russi che avevano iniziato a raccogliere informazioni riservate su questa società di mercenari, ci hanno lasciato la pelle.

Il primo precipitando dal balcone di casa a Ekaterinburg, mentre gli altri tre sono stati catturati e uccisi sul posto nella Repubblica Centrafricana da soldati locali. Scene tipiche della serie tv Strike Back, dove l’Africa appare come un gigantesco mattatoio, dove contractors e servizi segreti si ammazzano per impadronirsi di oro, diamanti e uranio. Una fiction superata dalla realtà.

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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