L’uso o più spesso l’abuso di una parola finisce per alterarne il significato. Dittatore, per esempio, era qualcuno chiamato a salvare la patria ma poi tornava il suo orticello e invece col tempo è diventato sinonimo di tiranno. E il sostantivo oligarca ormai da decenni viene identificato con i magnati russi che si sono arricchitiin maniera più o meno indebita con il crollo dell’Unione Sovietica. Com’è ovvio a nessuno verrebbe in mente di riabilitare la parola dittatore. Si può invece dare a oligarca un’accezione diversa e sicuramente più dignitosa. Non è facile. Ci vuole sempre un po’ di coraggio per smontare una convinzione ormai radicata. Ma soprattutto servono l’esperienza e le capacità di Giuseppe De Rita, uno dei pochi e forse in assoluto il primo ad aver applicato la sociologia alla realtà in Italia.
“Oligarca per caso. Il racconto della vita di un italiano alla ricerca degli italiani” scritto insieme a Lorenzo Salvia (Solferino, 224 pagine, 17,50 euro) è innanzi tutto un’appassionante autobiografia. I ricordi di De Rita, nato a Roma nel 1932 da una famiglia originaria della Ciociaria, iniziano dagli ultimi anni del fascismo e della guerra di cui è un piccolo ma attento testimone. Dopo il liceo nel 1954 si laurea in giurisprudenza. Secondo i desideri dei genitori, dovrebbe cercarsi un posto fisso iniziando come esattore dell’Aci per poi trovare un buon impiego in banca. Ma casualmente la sua vita e la sua carriera professionale hanno già preso tutt’altra direzione. E il vero inizio porta la data del 1951 nel castello di Sermoneta quando partecipa a un seminario organizzato dal Movimento di collaborazione civica. Rapidamente il giovane scopre nuovi interessi e conosce personalità di spessore culturale che lo stimolano ben più degli studi giurisprudenza che comunque porta a termine. Ed è senza dubbio già da allora che De Rita inizia a dare alla parola oligarchi un valore meno negativo. I “pochi che governano” possono essere anche intelligenze che orientano verso il meglio una società confusa.
L’incontro con Gino Ceriani Sebregondi, propiziato da Giuliana Benzoni e Pasquale Saraceno, lo salva dalla prospettiva di un impiego monotono. De Rita viene assunto allo Svimez di cui diventa il responsabile della sezione sociologica. In quel ruolo ha l’opportunità di elaborare studi approfonditi che spaziano dal Mezzogiorno fino al Belucistan. Una decina d’anni è tra i fondatori del Censis di cui sarà non soltanto il segretario generale ma il vero e proprio animatore. Diventa poi presidente del Cnel ed è consigliere autorevole e ascoltato di leader politici. Fino a qui il racconto di De Rita scritto in prima persona con il prezioso supporto di Lorenzo Salvia è a tutti gli effetti un’autobiografia.
Ma, pensandoci bene, “Oligarca per caso” è anche e, forse, soprattutto una storia dell’Italia moderna. E il tentativo di rivalutare la parola oligarca riesce perfettamente: dalle macerie della guerra alla ricostruzione, dagli anni del boom a quelli delle crisi, sono sempre stati alcuni “pochi” a indicare una soluzione per il bene del paese. E allora ben vengano gli oligarchi. Purché siano competenti e non soltanto parenti.