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Amato

I papocchi sognati da Giuliano Amato

Timori e auspici dell’ex presidente del Consiglio, Giuliano Amato, su clima e politica. I Graffi di Damato.

Ancora alle prese, a 85 anni belli che compiuti e ben portati, beato lui, con le palle da tennis da giocatore dilettante, secondo i suoi amici ed estimatori campione mancato negli anni giovanili solo per la sua scelta di non praticare da professionista questo sport, Giuliano Amato non perdona al clima di avere preso l’abitudine di mandarcene addosso di ghiacciate come sassi devastanti. E si è vendicato a suo modo dando proprio al clima del “terrorista”, persino peggiore di quelli degli anni di piombo perché “indiscriminato”, diversamente dai brigatisti, neri e soprattutto rossi. Che selezionavano i loro obiettivi pur quando praticavano “macelleria”, come ammisero di aver fatto in via Fani il 16 marzo 1978 i sequestratori di Aldo Moro sterminandone la scorta.

PER AMATO IL TERRORISTA È IL CLIMA

Altro quindi che terroristi i cosiddetti negazionisti che, operosi anche in questo campo, denunciano la pericolosi delle reazioni della natura agli abusi che facciamo del territorio su cui abitiamo e facciamo schifezze di ogni tipo e grandezza. Il terrorista – ripeto – per Amato è proprio il clima, dal quale bisogna difendersi cambiando le nostre abitudini di vita e buttandola un po’ anche in politica. E come? Formando maggioranze di “emergenza” per riparare ai danni compiuti, mettere in sicurezza ciò che sicuro non è più e placare la natura impazzita e incattivita nelle reazioni alle offese che ritiene di avere ricevuto per troppo tempo. Emergenza come quella praticata a livello politico in Italia nei già ricordati anni di piombo, quando democristiani e comunisti elettoralmente alternativi si misero d’accordo e crearono le premesse, quanto meno, della lunga azione di contrasto che negli anni successivi, pur con maggioranze diverse, e fra troppi funerali cui l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini partecipava piangendo e imprecando insieme, si riuscì a sconfiggere la violenza armata.

Poi, è vero, sarebbero arrivate le stragi mafiose e tutto il resto, compresi i processi e le indagini, tuttora in corso, per complicità, tradimenti, trattative e quant’altro di riconducibile alla politica e persino allo Stato o a suoi pezzi – si spera – deviati. Ma anche da quella stagione siamo riusciti a tirarci fuori, senza neppure bisogno di rinunciare alla fisiologia della lotta politica, in qualche modo esasperata dal pur bislenco bipolarismo della cosiddetta seconda Repubblica, o di questa che alcuni considerano persino quarta, almeno nei titoli di certe trasmissioni televisive.

MELONI IN CASA E ALL’ESTERO

Amato ha troppa esperienza politica, ormai superiore anche a quella di giurista, per potersi fare soverchie illusioni sulla possibilità di pacificare maggioranza e opposizioni in Italia su un tema d’interesse così generale come il clima, diventato anch’esso di doppia, tripla lettura quasi ideologica, anche ora che le ideologie sono da tempo considerate scomparse. Dietro ogni gesto o solo sospiro della premier Meloni sono ancora in troppi a vedere ombre di fascismo, se non un fascismo vero e proprio di ritorno, inconciliabile con la democrazia. Anche se dovesse decidere di spegnere la fiamma che fu del Movimento Sociale nel simbolo del suo partito la Meloni continuerebbe ad essere sospettata di tentazioni o reincarnazioni fasciste. In questo il Pd di Elly Schlein e il MoVimento 5 Stelle di Giuseppe Conte dopo qualche esitazione marciano uniti, nelle piazze e non solo in qualche bar per consumare limonate.

Ma a livello internazionale il discorso è diverso. L’agibilità, diciamo così, della Meloni è superiore perché lei più ancora della sorella a capo dei “fratelli d’Italia” è riuscita a imporsi come leader conservatrice. La sua non è più una velleità ma un’ambizione realistica di partecipare alla maggioranza nel Parlamento europeo che sarà rinnovato l’anno prossimo. Ed è proprio in Europa, al cui livello la transizione ecologica è più doverosamente e propriamente gestibile, che l’ex presidente del Consiglio in una intervista a Repubblica ha immaginato e auspicato la partecipazione della Meloni ad una nuova maggioranza. Una partecipazione non per sostituirsi ai socialisti nella loro ormai tradizionale alleanza con i popolari ma per aggiungersi ad entrambi.

Alla intervistatrice, dubbiosa di tanta fiducia o ottimismo, che gli ricordava i rapporti comizianti della Meloni con la destra spagnola – reduce peraltro da una batosta elettorale che ha procurato alla presidente del Consiglio la raucedine attribuitale dal vignettista Emilio Giannelli sul Corriere della Sera – Amato ha risposto col suo solito modo sottile di osservare e ragionare. Grazie all’estremismo mediatico praticato in Italia da Maurizio Belpietro, che ritiene esagerate e false le preoccupazioni per il surriscaldamento della terra e le cause e gli effetti che gli attribuiscono i verdi e simili, Amato ha potuto così difendere la premier italiana distinguendola dagli amici ispanici: “Nel programma di Vox è scritto che la transizione ecologica è un’invenzione delle elites per portare via i soldi ai ceti popolari. Mi sembra che in Italia queste posizioni estremiste siano confinate ai titoli del giornale La Verità”, che è diretta appunto da Belpietro. E che ora tratterà il presidente emerito della Corte Costituzionale peggio ancora di quanto non abbia già fatto, per i più svariati motivi, dall’uscita del primo numero.

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