Se non è o non sarà una stretta del Quirinale sui sei decreti-legge in arrivo mercoledì prossimo dal governo poco manca o mancherà alla “sorveglianza” annunciata in un titolo dal Corriere della Sera, forte anche di una corrispondenza di Marzio Breda dal Colle. Sorveglianza o “faro”, come ha preferito titolare Il Messaggero scrivendo sempre di una maggiore verifica presidenziale dei “casi straordinari di necessità e d’urgenza” nei quali l’articolo 77 della Costituzione consente al governo di adottare provvedimenti di immediata applicazione, da convertire in leggi dal Parlamento in sessanta giorni.
Il giornale diretto da Maurizio Belpietro, La Verità, di una cui festa la premier è stata recentemente ospite con tanto di intervista di orgogliosa rivendicazione della sua attività di governo, ha definito quello attribuito al Quirinale contro i decreti-legge in arrivo, fra i quali uno sulla sanatoria di piccoli abusi edilizi, “un blitz pe il voto”. Studiato cioè in coincidenza con la fase terminale della campagna elettorale europea e amministrativa di giugno per aiutare praticamente le opposizioni.
Un’altra coincidenza, forse più appropriata, è quella fra la maggiore attenzione attribuita al Quirinale e un recente intervento della senatrice a vita Elena Cattaneo nella discussione a Palazzo Madama sul cosiddetto premierato. Criticato dalla Cattaneo anche perché destinato, secondo lei, per un surplus di potere o influenza del presidente del Consiglio sul Parlamento ad aggravare “la malattia” di cui soffrono le Camere da tempo per i troppi decreti-legge di cui debbono occuparsi con priorità.
Si era giustamente notato, a proposito della diagnosi formulata dalla senatrice Cattaneo, biologa e scienziata, che una certa sovrabbondanza di decreti-legge è stata consentita dai presidenti della Repubblica succedutisi nel tempo. Le cui prerogative vengono pur difese dai critici del premierato ritenendo che siano destinate ad essere ridotte con l’elezione diretta del presidente del Consiglio.
La grana, chiamiamola così, dei decreti-legge raggiunge la premier Meloni nel momento in cui è incorsa, forse non a torto, nelle polemiche delle opposizioni guidate dal Fatto Quotidiano contro l’accoglienza personalmente riservata da lei all’ergastolano italiano Chico Forti, condannato per omicidio e autorizzato a scontare il resto della pena, dopo 24 anni di detenzione a Miami, nel carcere per ora di Verona. Un’autorizzazione che gli Stati Uniti hanno concesso con la dovuta ammissione di colpa da parte del detenuto, che aveva sempre negato la responsabilità del delitto attribuitogli da una giuria popolare di cui qualche esponente poi si è pubblicamente pentito.
La vicenda è oggettivamente controversa. E la premier l’ha cavalcata – nel senso di rivendicare il merito di una estradizione non concessa su richiesta di altri governi italiani – nella presunzione che le opposizioni, proprio perché impegnatesi in questa direzione in passato, non potessero eccepire.