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La festa di Giorgia Meloni alla Festa della Repubblica

Alla premier Giorgia Meloni mancavano solo i Fori Imperiali. I Graffi di Damato

 

Con quella bottiglietta d’acqua sulla bocca come una ragazza allo stadio o in discoteca, sia pure col capo dello Stato Sergio Mattarella che la guardava sorridente e comprensivo come fa con quasi tutti i provvedimenti che gli arrivano al Quirinale da Palazzo Chigi e lui sottoscrive, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non era proprio al massimo dello stile ieri nella cornice della sfilata militare della festa della Repubblica ai Fori Imperiali. Ma è stata ugualmente la sua felice prima volta in quel posto, e in quel ruolo, forse ancora più protagonista o comunque osservata dello stesso presidente della Repubblica, arrivato marzialmente davanti alla tribuna delle autorità nell’auto scoperta accanto al ministro della Difesa Guido Crosetto, peraltro amico e collega di partito della premier.

“Chi l’avrebbe mai detto?”, si era chiesta la stessa Meloni arrivando invece a piedi sul posto rispondendo con gesti di saluto e di ringraziamento alla folla che la salutava, per niente convinta di assistere e partecipare a suo modo a quella che oggi il solito Fatto Quotidiano ha definito su tutta la sua prima pagina la Festa della Repubblica sì, ma di “quella ucraina” in un “2 giugno di guerra”. Una Ucraina aiutata anche dall’Italia a resistere all’aggressione russa ma che sarebbe uno Stato “terrorista”, per niente meritevole quindi di sostegno politico e tanto meno militare.

Ma è proprio questo modo di rappresentare i fatti che ha contribuito in modo, credo, decisivo a far vincere alla Meloni e alla sua coalizione le elezioni politiche dell’anno scorso, ad accreditarla sempre di più all’estero, nel fronte occidentale, e allunga la vita al suo governo, per quanti sforzi possano, vogliano e riescano a fare certi suoi alleati di centrodestra di complicarle la vita, persino sostituendosi alle opposizioni divise e sempre più deboli. O per quanti errori la stessa Meloni possa compiere, per carità.

La Meloni sta ormai alla sua poltrona di Palazzo Chigi, o postazioni delle cerimonie alle quali partecipa, all’opposto della sua antagonista Elly Schlein alla segretaria del Pd, specie dopo avere rovinosamente perduto i suoi primi appuntamenti con le urne, nelle elezioni amministrative di maggio. Persino Vauro, il vignettista del Fatto Quotidiano, rappresenta oggi sulla poltrona la premier che chiede in romanesco “E chi se move?” alla Schlein che aveva sfidato i suoi critici e avversari dopo il fiasco nelle città a “mettersi comodi”, cioè a non darle fastidio standole troppo addosso.

Sul Secolo XIX invece Stefano Rolli rappresenta la Schlein, sola al “tavolo delle opposizioni”, che dice al cameriere pronto a servirla: “Aspetto delle persone”. Magari il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte o Carlo Calenda e Matteo Renzi, come ha auspicato nel Pd l’ex capogruppo della Camera Graziano Delrio, in una opposta visione tattica e strategica, per quanto i due attori del cosiddetto terzo polo trascorrano i loro giorni e le loro notti a litigare fra loro.

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